Come ridurre il tasso di disiscrizione email (e interpretarlo correttamente)

Non c’è email marketing senza lista di email. È attraverso quella lista che gira tutta la giostra finalizzata alla generazione di nuovi clienti e alla fidelizzazione di quelli esistenti. Senza la lista non avremmo a chi inviare le newsletter, le email di contenuto, le offerte commerciali e tutto l’automation marketing progettato a supporto sarebbe inutile. Compito dell’email marketer è dunque effettuare una manuntenzione scrupolosa quella lista, arricchirla di nuovi iscritti e naturalmente tenere un occhio su chi annulla l’iscrizione, assicurandosi al contempo sempre che il tasso di disiscrizione resti il più basso possibile (ma non a zero).

Di cosa parliamo quando parliamo di disiscrizioni

Prima di esaminare i motivi per cui ci si disiscrive da una lista marketing, e come fare in modo da scoraggiare le disiscrizioni, è il caso di premettere che una lista a zero cancellazioni non solo è impossibile ma non è nemmeno augurabile. Al contrario: è anche salutare che ci siano delle disiscrizioni, perché uno dei requisiti fondamentali che contribuiscono a conferire valore alla lista e a rendere efficace l’email marketing è l’interesse delle persone che vi sono iscritte.

Le disiscrizioni sono anche un bene

E se questo interesse, per i motivi che adesso vedremo, viene a mancare, è positivo che ci siano persone che lascino la lista. Una lista marketing si paga in base alla quantità di iscritti e avere degli iscritti non interessati significa avere dei pesi morti e pagare anche per loro.

Tieni anche presente che nella vita di una persona gli interessi cambiano. Mettiamo che il tuo business sia fornire servizi turistici per famiglie con bambini da zero a dodici anni. Di conseguenza hai una lista marketing composta da genitori di bambini da zero a dodici anni.

I bambini però crescono. I genitori di quei bambini diventano genitori di adolescenti con bisogni di prodotti diversi. E non hanno più quell’interesse che avevano quando i bambini erano piccoli. Di conseguenza questi genitori si disiscriveranno dalla tua lista. È normale che questo avvenga ed è anche augurabile: cosa ci fai con iscritti che non hanno più quel bisogno che avevano e che il tuo prodotto soddisfava?

Lo stesso accade se vendi prodotti a lungo consumo: una caldaia, un frigorifero, un computer. Una volta acquistato il prodotto, il cliente non ha più quell’interesse di acquisto (magari ce l’avrà per gli accessori o per i servizi di manuntenzione, ma non per il prodotto principale) per cui inviargli proposte di acquisto di un prodotto che ha già acquistato e che verosimilmente conserverà per diversi anni, è perfettamente inutile.

Lo scopo finale di una lista è massimizzare il fatturato

L’email marketing è l’unica forma di marketing capace di produrre un ritorno sul ROI del 4000%. Per ogni euro investito ne ritornano 42. Ma questo è possibile solo se tutti gli strumenti che suonano lo spartito siano perfettamente allineati. Se cioè l’email marketing è progettato in modo da rendere e rendere al massimo.

L’obiettivo a cui devi tendere quindi non è gonfiare una lista quanto più possibile, comprensiva di iscritti che non sono più interessati. Oltre a pagare inutilmente per loro (le liste email si pagano in base alla quantità degli iscritti), ti sballano anche le statistiche (ad esempio i tassi di open rate, di click rate e le conversioni, che invece andrebbero calcolati su una platea di persone realmente interessate).

Lo scopo di una lista di email marketing è quindi massimizzare le vendite, non tenere a zero le disiscrizioni.

Potresti sforzarti di tenere gli iscritti soddisfatti inviando sempre contenuti eccellenti senza mai chiedere niente in cambio e mai osare vendere. Otterresti un tasso di discrizioni a zero, ma le vendite?

Perciò, attenzione a non considerare il tasso di disiscrizione una vanity metric. Mantenere gli soddisfatti si ma devi innanzitutto vendere.

Come ridurre il tasso di disiscrizione (e come interpretarlo correttamente)

Il primo elemento per analizzare il tuo tasso di disiscrizione è valutare se e quanto si discosta dalle medie per categoria merceologica. Recenti dati di ActiveCampaign ci aiutano a capire.

Le metriche base delle disiscrizioni

Quali sono le metriche base per capire se il tuo tasso di disiscrizione è superiore o inferiore alla media del settore? Cominciamo col dire che i tassi variano molto in base al settore.

Qui ci sono i principali tassi per settore d’affari:

  • E-commerce. I tassi di annullamento dell’iscrizione per le attività di e-commerce variano in genere tra lo 0,1% e lo 0,3%.
  • Salute e benessere. Il settore della salute e del benessere registra tassi di annullamento dell’iscrizione compresi tra lo 0,3% e lo 0,6%.
  • Organizzazioni no profit. Le organizzazioni senza scopo di lucro possono aspettarsi tassi di annullamento dell’iscrizione compresi tra lo 0,1% e lo 0,3%. I sostenitori delle organizzazioni no-profit sono in genere più coinvolti nella causa e meno propensi ad annullare l’iscrizione.
  • Software e tecnologia. Il settore del software e della tecnologia registra tassi di annullamento dell’iscrizione compresi tra lo 0,2% e lo 0,4%.
  • Servizi finanziari. I tassi di annullamento dell’iscrizione nel settore dei servizi finanziari variano tra lo 0,2% e lo 0,4%.

Vediamo come il mercato della salute del benessere ha il tasso di disiscrizioni più alto. Seguono poi tecnologia, e-commerce, il non profit e il food e travel ai minimi.

Questo per quanto riguarda i dati per macrocategorie. Di conseguenza se appartieni a una di queste categorie e il tuo dato si distacca di molto dalla statistica è il caso di accendere un riflettore, ma sempre considerando i fattori nel loro insieme, quindi prima di allarmarti, prosegui nella lettura.

Per quale motivo gli utenti si disiscrivono?

Comprendere questi motivi può aiutarti ad adattare la tua strategia e a migliorare la fidelizzazione degli iscritti. Oltre a quanto già detto prima, i motivi maggiormente ricorrenti sono:

  • Ricevo troppe email.
  • Mancanza di valore nel contenuto.
  • Email troppo commerciali e promozionali.
  • Difficoltà a leggere e navigare le email.
  • DImenticarsi di essersi iscritto (Frequenza sbagliata di invio).

Ricevere troppe email 

È la prima causa di disiscrizione, che è diretta conseguenza dell’obiettivo finale dell’email marketing, ovvero inviare email di vendita. Questo è un sottile equilibrio, un filo sospeso sui cui tutti i marketer devono camminare senza cadere. Inviare poche email significa danneggiare i profitti.

Inviarne troppe significa sovraccaricare la casella di posta dei tuoi iscritti che possono provare fastidio e irritazione e, in ultima analisi, provocare l’annullamento dell’iscrizione.

Come reagire allora?

Devi trovare un bilanciamento tra email di contenuto e email di vendita, sapendo che più email di vendita manderai, più quelle di contenuto dovranno essere di valore. Le persone che sono interessate ai tuoi contenuti (idonei a risolvere i loro problemi) non si disiscriveranno dalle email di vendita anche se sono disinteressate all’acquisto perché sanno che se lo facessero, perderebbero anche quelle a cui sono interessati e che invece vogliono continuare a ricevere.

Tieni anche conto che anche se le persone dicono che il motivo della disiscrizione è che ricevono troppe email, molto probabilmente il vero motivo è che non sono più interessate al prodotto o all’argomento. Non sono più in target. E qui torniamo al discorso fatto prima. Se non sono più in target, pace. Meglio per loro e anche per te.

Le email sono troppo commerciali o promozionali

Altro modo di dire la stessa cosa del punto precedente. L’unica cosa che si può ancora raccomandare è di cercare di presentare le offerte e i contenuti di vendita sempre agganciati a una soluzione a un problema dell’iscritto. Cerca un linguaggio non da venditore, e non spingere troppo sul pedale del “compra compra compra”.

Mancanza di valore o rilevanza nel contenuto

Questa motivazione è un corollario della prima già commentata, ma che contiene elementi di verità. Il problema non sta nella vendita, ma nel valore del contenuto non di vendita. Se le tue email sono percepite come di scarso valore, allora il problema è nei contenuti.

Lo abbiamo detto tante volte. Inutile inviare contenuti raffazzonati, da copiaincolla, presi altrove e appiccicati alla meno peggio. Se stai facendo così, smetti immediatamente.

I contenuti che invii devono essere interessanti e coinvolgenti. Rappresentare per lettori o spettatori un arricchimento, una novità piacevole, una valida soluzione a un problema che risulti di forte interesse.

I contenuti di valore, quelli che funzionano, sono quelli che si pagano. Quando li produci, immagina che tu debba venderli mentre invece li fornisci gratis. Sono questi contenuti che fanno la differenza, generano fiducia e predisposizione positiva nei tuoi confronti e scoraggiano le disiscrizioni.

Incontrare difficoltà nella lettura o nella navigazione nel design dell’email

Qui invece siamo ad un preciso e specifico problema che ancora affligge moltissime aziende nonostante il mobile sia protagonista assoluto del traffico internet da almeno dieci anni. Ancora oggi c’è chi invia email non ottimizzate per mobile, la cui visualizzazione e navigazione sono difficoltose e certo non agevola né la lettura dei contenuti né tanto meno le vendite, dato che si fa fatica a vedere o a utilizzare i pulsanti.

Un suicidio di user experience e una zappa sui piedi autoinflitta si cui ancora oggi si fa fatica a comprenderne i motivi se non a causa del famoso cugino a cui molte aziende affidano la loro presenza online e magari anche l’email marketing.

Questi errori non sono più ammissibili. È assolutamente necessario dare la priorità al design per mobile in grado di fornire un’esperienza fluida.

Dimenticare di essersi iscritto alla tua mailing list

Questa motivazione ha a che fare con la frequenza di invio delle email e rappresenta, l’esatto contrario della prima motivazione che era “inviare troppe email”. Qui ne hai inviate così poche che le persone si sono dimenticate di essersi iscritte alla tua lista.

La frequenza di invio è uno degli elementi imprescindibili dell’email marketing. Ne parliamo più avanti.

Gli effetti di un tasso di disiscrizione alto

Anche se rinunciare a una piccola parte di iscritti è da considerare fisiologica, bisogna comunque monitorare il tasso e tenerlo basso il più possibile, perché le conseguenze di un tasso alto si riflettono in diversi ambiti dell’email marketing e ne minano l’efficacia.

Un tasso che si discosta dalle medie di settore, fa squillare dei campanelli d’allarme e non solo nella tua azienda.

I principali problemi avvengono all’esterno:

  • Conseguenze negative sulla deliverability.
  • Reputazione del brand.
  • Perdita di lead e di vendite.

Conseguenze sulla deliverability

La deliverability, la capacità del tuo email marketing di far arrivare a destinazione le tue email, deve registrare un tasso che sia il più alto possibile (o il tasso di mancata consegna il più basso possibile). È una metrica delicatissima, che va monitorata costantemente per evitare conseguenze negative altamente impattanti.

Abbiamo spiegato qui la questione deliverability, qui ci limitiamo a dire che un alto tasso di disiscrizione influisce sulla tua reputazione di email marketer, a causa dell’attività dei filtri anti-spam presenti in tutti i server di posta, attraverso i quali le tue email arrivano a destinazione.

I filtri sono in grado di vedere molte cose del tuo email marketing: non solo il tasso di disiscrizione, ma anche l’open rate e il click rate.

Questi filtri sono settati automaticamente e uno dei criteri per i quali un email marketer può essere considerato uno spammatore risiede proprio in un tasso di disiscrizione considerato da questi filtri troppo alto.

In pratica se queste metriche si distaccano da quello che i filtri considerano la normalità, il tuo indirizzo mittente può essere considerato problematico e sospetto di spam, per cui il filtro semplicemente non consegnerà la tua posta al destinatario. E senza nemmeno avvertirti.

Ecco perché i maggiori provider di email marketing prevedono test appositi sulla deliverability, che vanno periodicamente eseguiti in modo da accorgersi se ci sono problemi di consegna della posta.

Questo è ciò che succede sotto il cofano dell’email marketing automation quindi tenere sott’occhio il tasso di disiscrizione serve anche a questo.

Effetti negativi sulla reputazione del brand e sul rapporto con i clienti

Dopo il motivo tecnico, c’è il motivo qualitativo in termini di contenuti. L’equilibrio tra email di vendita e email di contenuto, va rintracciato e fissato, perché un tasso di disiscrizione alto con la motivazione del “troppe email” influisce sulla reputazione del brand.

Dopo tutta la fatica fatta per far iscrivere gli utenti, tramite lead magnet e optin, newsletter, funnel di contenuto, perdere questi clienti per troppe email crea una esperienza negativa che si può riverberare anche nella comunicazione successiva di quell’iscritto, che parlerà male del brand nelle sue conversazioni.

Perdita di potenziali lead e opportunità di vendita

Ogni iscritto perso è un potenziale cliente perso. Se questi aumentano, stai rinunciando a opportunità di vendite e ai corrispondenti incassi inficiando l’efficacia di uno straordinario strumento di massimizzazione del ROI.

Come ridurre il tasso di disiscrizione

Oltre a quanto già detto in precedenza, ecco alcune cose che puoi fare per prevenire aumenti drastici del tasso di disiscrizione.

La segmentazione dovrebbe essere la tua religione

Usiamo questa parola “religione”, perché nell’email marketing la segmentazione è l’elemento centrale di questa forma di marketing. Non c’è email marketing senza segmentazione del target e dei diversi, precisi e veritieri sotto-target.

Inviare email interessanti per l’iscritto significa conoscere quell’iscritto, aver preso nota di tutto quello che ti ha comunicato e di tutto quello che hai potuto tracciare, dedurre, prevedere di quell’utente.

Dalle informazioni che ti ha comunicato, direttamente o indirettamente all’atto dell’optin di iscrizione, all’analisi dell’apertura delle tue email e ai click sulle stesse (dati ottenibili da un software di email marketing). Altre informazioni ti arrivano dai tracciamenti delle sue azioni e comportamenti sul tuo sito (dati che puoi ottenere utilizzando un CRM come ActiveCampaign, ad esempio che è sia software di email marketing sia CRM), fino ai sondaggi, testi e quiz che gli hai sottoposto, fino ai problemi da lui avvertiti e a te comunicati tramite il supporto clienti.

Sono tutte informazioni che vanno raccolte e incamerate nel suo profilo di utente iscritto o di cliente.

Solo con una segmentazione accurata e continuamente verificata, potrai inviare a ogni utente il contenuto che maggiormente apprezza e gradisce, sia di contenuto che di vendita. Inviare contenuti accuratamente segmentati e di interesse per ogni target di utenti, è la tua migliore assicurazione contro le disiscrizioni.

Personalizzazione avanzata (cioè non scontata)

Personalizzare le email, avere un tono colloquiale con il lettore, aiuta senz’altro la customer experience, Gli iscritti apprezzano quando un’azienda mostra di conoscere il suo iscritto o il suo cliente.

Uno dei metodi maggiormente usati per la personalizzazione è quello di salutare per nome l’utente: “Ciao Giovanni”.

Alcuni lo utilizzano fin dall’oggetto dell’email: “Giovanni, stai attento a non perderti questa offerta”, che tuttavia non consigliamo se non in casi particolari che ne giustifichino l’utilizzo, in quanto mettere il nome nell’oggetto crea una sensazione di allarme nel lettore e in secondo luogo è molto usato dagli spammer, per cui meglio soprassedere.

Ma negli altri casi il nome dell’utente o cliente va usato. La personalizzazione aiuta a far sentire più vicino il cliente all’azienda e ad abbattere le barriere di diffidenza che ognuno di noi prova al momento di concretizzare un’azione. Lo hanno capito perfino in Italia dove l’utilizzo del nome in testa all’email è ormai prassi comune, al punto che non è più una sorpresa. Ci sarebbe da inventarsi qualcos’altro.

E allora immagina questo: stai leggendo un’email e a un certo punto ti imbatti in: “Perché vedi, Giovanni, questo prodotto può risolvere davvero il tuo problema…”. 

Il nome del cliente non all’inizio dell’email, ma nel corpo del testo. Puoi scommettere che il lettore si fermerà sorpreso! Ma come, sta parlando con me?

È un’altra cosa, fa tutt’altro effetto. O anche inserire il nome prima della Call to Action: “Allora Giovanni, ti va di cliccare su questo link?”.

Scegli quindi di fare una personalizzazione non scontata, prevedibile, che tutti fanno, ma fai uno scatto in avanti. Una forma di personalizzazione originale che aiuta a rendere simpatico (e innovativo) il tuo brand agli occhi del cliente.

Mantenere una frequenza di invio (e che sia sensata)

La frequenza di invio non è una questione di lana caprina, ma è un indispensabile elemento del tuo email marketing perché sia efficace. Una periodicità di invio contenuto va necessariamente decisa e poi rispettata. Deve essere compatibile con i tuoi tempi di produzione contenuti, e questa a sua volta deve essere compatibile con i tempi dell’email marketing, che richiedono periodicità frequente (ma non asfissiante) e contenuti di valore.

Questo significa che se hai tempo di produrre contenuti solo una volta al mese, allora il tuo email marketing difficilmente produrrà risultati rilevanti. In questo caso devi prevedere una risorsa alla produzione dei contenuti (o seguire i consigli che diamo in come produrre una newsletter senza creare contenuti). 

In ogni caso devi abituare i tuoi iscritti ad avere sempre sott’occhio il tuo nome e a leggere i tuoi contenuti di frequente e il primo modo di farlo è stabilire una periodicità costante (settimanale almeno), da violare solo in caso di eventi speciali come ad esempio le email di vendita, che vanno inviate e devono essere inviate al momento, quotidianamente e anche più di quotidianamente. 

Farsi dimenticare significa la morte del brand e la morte dell’email marketing: tutti i numeri peggiorano. Non peggiora soltanto il tasso di disiscrizione, ma a ruota peggiora l’open rate, il click rate, e tutta la giostra a seguire. 

Quindi mantieni una frequenza di invio stabile e costante e che sia sensata quindi non una frequenza altalenante.

Quante email si possono mandare in una settimana?

Non ci sono limiti prefissati, l’importante è inviare qualità della quale si è ragionevolmente certi che sia apprezzata dagli utenti (segmentati). 

Ci sono tante aziende che mandano anche un’email al giorno ma che lo fanno perché sono certi dell’apprezzamento del destinatario. 

Come fai a saperlo? Quando tutti gli indicatori sono coerenti tra loro: un tasso di disiscrizione che resta nella media, un open rate alto (ma sull’open rate leggi anche questo articolo), un click rate superiore alla media). Con questi dati sei sufficientemente certo che le tue email sono apprezzate.

Si può anche arrivare a mandare una intera newsletter tutti i giorni, il punto è sempre la qualità. Se la frequenza inficia la qualità, allora ALT. In caso contrario, semaforo verde!

Ottimizzazione mobile prima di tutto

Email non ottimizzate per mobile non sono più tollerabili al giorno d’oggi. Dai una occhiata a questi articoli su come ottimizzare per il mobile e a cosa dare precedenza, se al design o al copy, ma tieni presente che inviare email non ottimizzare equivale ad un suicidio. A questo punto, puoi anche smontare tutto, perché l’email marketing con te non funzionerà. 

Come ridurre il tasso di disiscrizione in conclusione

Come hai visto l’email marketing si basa sul creare e mantenere iscritti e clienti soddisfatti. Questo avviene quando tutti i contenuti e la parte tecnica sono allineati ai profili dei destinatari. L’email marketing è un’orchestra dove tutti gli strumenti devono essere sincronizzati alla perfezione.

Per mantenere questo allineamento e questa armonia è necessario monitorare costantemente le metriche di interesse, e cioè tasso di disiscrizione, open rate, click rate e tenere sott’occhio la deliverability. Tutto deve filare liscio e non devono esserci sbalzi o picchi di un qualcosa fuori norma.

Ultimo consiglio: se scorrendo le statistiche delle email inviate, noti una gobba di disiscrizioni in una determinata campagna e noti che è un fatto isolato, allora apri quella campagna e scopri cosa è successo, cosa può aver determinato il picco.

Potresti scoprire che un determinato argomento, o contenuto, o frase o call to action è completamente sbagliata e ha generato un effetto negativo.

L’email marketing presuppone un controllo continuo. Dal quale però oltre a evitare danni puoi trarre informazioni e indicazioni preziose sui tuoi utenti e fornire loro quello che loro si aspettano.