Le 6 KPI più importanti dell’email marketing

Una delle chiavi del successo dell’email marketing è il corretto utilizzo delle KPI specifiche di questo strumento. Alle KPI (Indicatori chiave di Performance) abbiamo dedicato già un articolo che le spiega in termini generali e un altro sulle KPI utili a capire la profittabilità di un business online. 

In questo articolo invece affrontiamo le KPI che riguardano specificamente l’email marketing. Quali sono, come individuarle, come e perché vanno tracciate e come misurare le prestazioni e i progressi verso i tuoi obiettivi, al fine di realizzare un marketing via email sempre più efficace e profittevole. 

Le KPI dell’email marketing

Come negli altri settori aziendali, anche nell’email marketing le KPI vanno scelte e monitorate dall’imprenditore, in relazione alle specificità del business, dalla strategia adottata e dagli obiettivi che ci si è prefissi.  

Vanno selezionate in numero da 3 a 5 al massimo per non sovraccaricare la visione con altre metriche poco utili, e vanno tracciate costantemente e analizzate in riunioni apposite con il team. 

Come individuare le KPI di interesse

Chiunque faccia email marketing ha nelle KPI un faro per procedere nella notte buia del marketing digitale.  

In Active Powered tracciamo costantemente le nostre KPI, sia per la nostra attività, sia per i clienti a cui forniamo apposita consulenza e a tutti ripetiamo la stessa cosa. Ci sono delle metriche che vanno sempre tracciate, ma capire quali siano le KPI (le metriche più importanti) è una domanda a cui solo l’imprenditore può dare una risposta esatta. 

Le domande a cui devi rispondere

La domanda che devi porti è: cosa sto cercando di ottenere dall’email marketing? Quali sono i miei obiettivi?  Tra accrescere il database, convincere gli utenti ad aprire le email, far si che clicchino sui link, spronarli a chiedere un appuntamento con un agente, trasformarli in clienti, vendere prodotti solo una volta a tutti o più volte ma solo ad alcuni e altro ancora. Quale è l’obiettivo più importante? 

Tutto è ovviamente importante, ma alcuni obiettivi e di conseguenza alcune metriche lo sono più di altre. E sono quelle che dovrai scegliere e monitorare attentamente.

In questo articolo ti elenchiamo e spieghiamo alcune KPI che noi ritieniamo più importanti ma sta a te concentrarti per capire se e quali rappresentano meglio i tuoi obiettivi. 

Prima di cominciare, un’ultima avvertenza. Scegli le tue KPI con cura, mettendoci il tempo necessario, e abbi cura di tracciarle periodicamente, almeno a distanza di tre mesi, meglio ancora se mensilmente.

Consigli per una attività base di email marketing

Qualunque percentuale o numero sarà attendibile quando può essere calcolata su una base di dati sufficiente e corretta. Perciò prima di scegliere le tue KPI ideali assicurati di aver implementato un sistema di email marketing con le sue principali caratteristiche. 

Che sono:

  • Mantenere almeno una newsletter settimanale: fattura bene e dà contenuto interessante che sviluppa una relazione.
  • Fare ogni mese delle offerte e sconti: per molte attività digitali, l’email marketing è il singolo canale più redditizio che esiste.
  • Mantenere un rapporto a lungo termine: chi ha già comprato è probabile che compri ancora, quindi tieni aperta la comunicazione per mesi o anche anni per massimizzare il valore di ciascun cliente.
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Le 6 KPI dell’email marketing

Cominciamo con le KPI che in Active Powered utilizziamo più spesso per capire se stiamo facendo bene il nostro lavoro. Molto spesso testiamo nuove soluzioni (e nuove KPI da tracciare) e se scopriamo che funzionano le passiamo ai clienti Quindi queste non sono le uniche KPI che puoi usare per il tuo email marketing. Sono quelle che usiamo noi, e che secondo la nostra esperienza sono un ottimo punto di partenza per chiunque. Sentiti libero di sostituirle se lo reputi necessario. 

Il fatturato

Una metrica tanto scontata quanto fondamentale. Alla fine l’obbiettivo di ogni email marketer è vendere e dunque il fatturato che proviene dall’email marketing va tracciato continuamente e le oscillazioni di questo numero vanno analizzate di continuo. 

Tracciarlo bene non è semplice. In Active Powered utilizziamo il software Wicked reports, che traccia il ROI a lungo termine di pubblicità ed email marketing. Perché utilizziamo un software specifico che ha un costo e non ci limitiamo a consultare metriche come ad esempio il tasso di conversione?

Come tracciare correttamente il fatturato

Quello che devi considerare è che l’email marketing è un rapporto a lungo termine e il fatturato può “laggare” (ritardare) di molto come metrica. Ad esempio oggi acquisisci un nuovo utente che però acquisterà il suo primo prodotto magari tra tre mesi. E il secondo fra un anno.

Quando questo avverrà, vedrai un incremento di fatturato nella tua KPI del fatturato, ma come fare a capire quale degli investimenti che hai fatto ha generato quell’acquisto e di conseguenza a calcolare un ROI esatto? 

Quindi il fatturato è certamente una KPI da monitorare. Ma non è l’unica. Il software appena citato aiuta a tracciare parametri importanti come il Life Time Value di un cliente, fin dal suo ingresso nella lista e a individuarlo quando acquisterà qualcosa, attribuendogli il ROI giusto.  

L’open rate

È una metrica cardine dell’email marketing e lo è anche per noi. Come già sai, l’open rate è la percentuale frutto del rapporto tra email aperte da una lista e le email inviate a quella lista.

È scontato che per aderire alle tue offerte, l’utente deve leggerle e quindi aprire la email. Naturalmente un tasso di open rate in ascesa è ottimo per il tuo business, un tasso in calo è un problema. 

Per fare in modo che l’open rate possa essere una KPI valida per te, assicurati di avere già messo in campo queste azioni:

  • Una newsletter settimanale (almeno) che va a tutti gli iscritti attivi.
  • Un open rate molto alto che certifichi la qualità della propria lista email.
  • Se la newsletter oltre a informare vende anche, è una metrica che impatta direttamente il fatturato.
  • L’open rate della newsletter è un’ottima KPI perché, al contrario dell’open rate di funnel specifici, include tutto il tuo database.

In quanti devono aprire l’email? Dipende

Spesso ci chiedono quale sia il tasso medio di un open rate, per avere un riferimento. È una domanda troppo vaga per ottenere una risposta affidabile. Dipende da diversi fattori. 

  • Dal tipo di business (vendere macchine agricole elettriche a una ristretta platea è diverso che vendere calamite da frigo a una platea immensa). 
  • Dal tipo di lista: se è generica o estremamente segmentata, se è composta da mille contatti o da centomila. 

Comunque per dare un riferimento, anche se ultra generico. Se parliamo di una lista generica, non segmentata, il tasso di apertura minimo dovrebbe essere intorno al 30%. Se è al di sotto di questa soglia, c’è qualcosa che non va.    

(ma come ho detto, dipende; se ad esempio alla tua lista hai collegato un’automazione, con email di benvenuto agli iscritti, consigli di navigazione, suggerimenti di prodotti, quindi sei in piena attività con i clienti, un open rate che non sia oltre il 50 e magari anche 70-80% è un problema).  

Attenzione all’open rate non tracciato

Per chi ha scelto l’open rate come KPI, condividiamo un piccolo segreto. A volte potrebbe risultare nei report un tasso di open rate in calo. Cosa sta succedendo, perché non aprono più le mie email? 

Prima di preoccuparti, considera un aspetto prettamente tecnico: la maggior parte del traffico oramai è mobile. E sul mobile tutti noi possiamo impostare il telefono con varie applicazioni di risparmio energia. Queste applicazioni di solito bloccano alcuni download di immagini o pixel che servono ai provider per capire se l’utente ha aperto l’email. E se questo non avviene, l’email risulta non aperta. Ma non è così, l’utente l’ha aperta ma il tuo provider non se n’è accorto. 

Open rate e utenti che cancellano la email

Ci sono moltissimi utenti che aprono l’email ma non sono intenzionati a leggere nemmeno una riga, per cui dopo un nanosecondo dall’averla aperta premono sul tasto “canc” e via nel cestino. Nei report queste email risultano come aperte, ma nella sostanza non è così.

Perciò il consiglio è: non fidarti troppo dell’open rate e considera invece di fissare come KPI la metrica di cui parliamo adesso, il click rate. 

Click rate (CTR)

È una metrica fondamentale, il rapporto tra utenti che hanno fatto click su un link all’interno dell’email, e il totale di persone che hanno ricevuto quell’email. I click sui link sono sempre valore, che siano diretti ad un articolo del blog, o a una pagina di opt-in. 

Il CTR è sicuramente una KPI da monitorare, ma attenzione: per essere una metrica affidabile, ma non dimenticare che è necessario che all’interno della email ci siano dei link da cliccare! 

Newsletter informative

Se infatti la nostra email, magari una newsletter è di puro contenuto informativo, e non contiene link o ne contiene solo quelli standard, tipo diretti alla home page, o ai social, è intuitivo che in questo caso il CTR non ci dirà un bel niente dell’apprezzamento degli utenti alle nostre email. E ancora meno sul fatturato. 

Ricordiamoci che dobbiamo tracciare le azioni che ci interessano e che indicano che il nostro business è avviato sulla strada giusta. È per questo che stiamo tracciando. 

Quindi il click rate va bene quando si tratta di link diretti a qualcosa che vogliamo che i clienti vedano: quindi blog, e-commerce, pagine di opt-in, allora va benissimo. 

Percentuali di click rate da dare come riferimento? Anche qui niente risposte. Vale lo stesso discorso dell’open rate. Dipende tra troppi fattori. Diciamo che l’unico numero buono è quello superiore al numero dell’email precedente. 

La deliverability

Per deliverability intendiamo la capacità di una email di arrivare effettivamente in tutte le caselle di posta dei destinatari. È una metrica che spesso viene sottovalutata perché data per scontata: pago un provider per consegnare le mie email, ed è ovvio che vengano consegnate, no? È come se il postino non consegnasse le lettere (ok, l’esempio, almeno in Italia può essere non perfettamente calzato, ma ci siamo capiti). 

Perché alcune email si perdono per strada

Non sono pochi i casi in cui il nostro postino si perde le email per strada. Alcuni fattori dipendono dal provider, o dalla lista che abbiamo (spesso comprata ed è uno dei motivi per cui non si dovrebbero comprare). Ma in altri casi questo postino che si perde le email dipende da errori che abbiamo fatto noi e che non dobbiamo commettere. 

Questi errori li abbiamo già spiegati in questa guida alla deliverability, ma in sintesi: le email vengono filtrate dai sistemi antispam che ognuno di noi ha nelle proprie caselle di posta, e ogni sistema antispam ha una sua “lista nera” composta da mittenti o da interi server di posta, considerati come fonte di spam (è anche il motivo per cui molte delle email che riceviamo finiscono nella casella spam senza nemmeno che ce ne accorgiamo) . 

Esiste quindi nel mondo virtuale, una sorta di reputazione condivisa tra server di posta. Tra quelli considerati affidabili e quelli meno e quelli per niente. Un po’ come la security davanti ad un locale che decide chi entra e chi no. 

Se usi un provider di email marketing come ActiveCampaign, non devi preoccuparti troppo dell’infrastruttura o della parte tecnica: viene gestita per te. Devi solo evitare di essere troppo “spammoso” nell’oggetto e nel corpo del messaggio.

Mentre se gestisci la tua infrastruttura internamente, ad esempio con Amazon SES o Sendgrid, la deliverability è una KPI importante che devi monitorare.

Come non perdersi le email per strada

Quindi cosa dobbiamo fare? Dobbiamo assolutamente evitare di: 

Essere considerati dei mittenti spammatori. Questo avviene quando la maggior parte delle persone cancella le nostre email senza leggerle. In questo caso il sistema (GMail ad esempio lo nota) dopo che più volte si verifica questa cosa, inserirà quel mittente nella lista spam senza nemmeno chiedercelo).

Comprare delle liste da terzi. Non sappiamo come sono stati raccolti gli indirizzi, magari con metodi spammatori e dunque già segnalati.  

Non creare campagne che possano essere tracciate dai server come spam, ad esempio inviando troppe email, abusando dell’automazione, sollecitando troppo gli utenti che potrebbero infastidirsi e addirittura segnalare loro stessi le tue email come spam.   

La Deliverability è una metrica utile e da monitorare se si usa un sistema di email marketing autonomo e fai-da-te. Se si usa un provider come Active Campaign o Mailchimp, possiamo dare giusto un occhio ai rimbalzi (cioè agli “hard bounce” e “soft bounce”) per capire chi non ha ricevuto la nostra email e perché, ma in questo caso la deliverability non va considerata come un KPI da tenere monitorato. 

Per chi ha necessità di tenere la deliverability strettamente sotto controllo, può tornare utile usare un tool come Sendforensics (che utilizziamo anche noi) per tracciare ogni problema di deliverability.

Unsubscribe rate 

È intuitivo. Gli utenti che si disiscrivono sono un fattore allarmante e bisogna cercare di capire perché si sono disiscritti dalla tua lista. 

È importante tenere presente che la disiscrizione è anche un fattore congenito. Semplicemente accade che gli utenti cambino bisogni, interessi e intenzioni d’acquisto, spesso anche perché hanno già acquistato e soddisfatto il loro bisogno. O magari perché sono cambiati demograficamente (pensa al caso di vendita di libri scolastici, ad esempio), quindi parti dal presupposto che un tasso minimo di unsubscribe è normale, non è colpa tua e quindi non ha senso fasciarsi la testa. 

Analizzare gli unsubscribe

Detto questo è sempre buona norma analizzare gli unsubscribe.

Hai due modi per farlo. 

  • Rileggerti la sequenza delle email inviate al contatto che si è disiscritto, per capire cosa gli hai mandato e dove può essere successo un problema. 
  • Analizzare gli unsubscribe in gruppo su base mensile o trimestrale e andare alla ricerca di qualcosa di anormale. 

Se all’interno di quel range scopri un picco di disiscrizioni, è il caso di andare a vedere cosa hai mandato nei giorni precedenti, e di fare altre indagini sempre intorno a quel periodo. Magari una campagna di marketing non è piaciuta, magari c’è stato qualche problema a valle di link inattivi, insomma se c’è un picco c’è anche un problema.

Un altro problema che può generare un picco, è un funnel sbagliato. Se con una sequenza di email cerchiamo di far entrare l’utente in un funnel di acquisto, dobbiamo stare attenti alla coerenza delle informazioni con cui gli proponiamo di entrare. 

Vanno evitate email con testo ridondante, esagerato, eccessivo, che possono ingenerare nell’utente un sentiment negativo. A quel punto l’utente si stufa e non solo non prosegue nel funnel, ma abbandona anche la lista. 

Sia per alimentare un funnel, sia per mantenere gli utenti nella lista, l’imperativo che deve guidarti è l’assoluta coerenza tra quanto prometti e quanto poi effettivamente offri e l’assoluta attinenza tra i tuoi contenuti e i bisogni dell’utente. 

Best practices per evitare unsubscribe

  • Rendi chiaro all’iscrizione (con la sequenza di benvenuto) di cosa parli, e che ogni tanto farai offerte.
  • Comprendi bene i bisogni del pubblico e cerca di risolverli.
  • Non mandare solo promozioni mensili: avere almeno una newsletter a settimana per tenere calda la lista e non farsi dimenticare.

Detto questo l’unsubscribe rate è una KPI che va tracciata. L’obiettivo è ridurre quel numero al minimo, nel rapporto tra nuovi iscritti, e cercare di farlo rimanere basso, al netto degli unsubscribe “congeniti”, anche perché un numero troppo alto può impattare sulla deliverability. 

Tasso di condivisione

Hai mai fatto caso se la tua email viene condivisa dagli utenti con i loro amici? Il tasso di condivisione della tua email, ad esempio la newsletter, è un fattore molto importante per capire l’apprezzamento degli utenti verso la tua attività. 

Condivisione significa passaparola

La condivisione, che è la forma digitale del vecchio passaparola, è una funzione che non solo devi sempre assicurare nelle tue email con appositi pulsanti per condividerla facilmente nei social, inviarla ad un amico o a una,lista di amici, ma è anche una KPI da considerare, se ad esempio la tua è una newsletter principalmente informativa. 

In questo caso le condivisioni possono assicurarti una diffusione ulteriore e anche nuove iscrizioni alla tua lista. Analizzare il tasso di condivisioni può essere una KPI che indica il valore della tua newsletter e il gradimento dei tuoi contenuti da parte degli utenti. 

Allo stesso modo, se si tratta di una email di una sequenza automatica, il discorso non vale. 

Una sequenza è un modo per attirare l’utente all’interno di un funnel, se poi l’utente la condivide anche, ci fa piacere, ma non ci interessa molto. 

Come detto sopra, queste sono le nostre KPI, ma ognuno di noi deve trovare le sue.