Guida completa alla deliverability

Nella scelta del miglior autoresponder, quello che ho notato è che molte persone si preoccupano della deliverability.

È vero: è inutile iniziare a parlare di un qualsiasi programma autoresponder, senza prima essersi assicurati che le email arrivino ai destinatari. In questo articolo, quindi, ti spiegherò tutti i fattori che influenzano la deliverability. E come aumentarla con alcune semplici pratiche.

Cos’è la deliverability e perché è importante?

Secondo una ricerca di Commtouch, nel 2013 sono state inviate quasi 1 miliardo di email spam al giorno, per un totale di 350 miliardi nel corso dell’anno.

In un mondo dove oltre il 90% delle email non sono state richieste dal mittente, il compito più importante di qualsiasi provider di posta è filtrare questo spam prima che arrivi nella casella di posta dei propri utenti.

Questi filtri devono per forza di cose essere aggressivi: anche se si lasciassero scappare solo lo 0,1% dello spam, significherebbe avere 350 milioni di email spam l’anno in più. Visto che lo spam spesso contiene virus o truffe, la posta in gioco è alta.

Non solo, ma al giorno d’oggi i filtri antispam non si occupano più solo di filtrare la truffa del principe nigeriano o le pubblicità del viagra. Si sono espansi alle comunicazioni commerciali non richieste: tutte le email inviate da aziende, che hanno quindi un fine commerciale, sono potenzialmente spam.

La definizione di spam per questi provider è quindi: tutte le email che un utente non vuole ricevere. A prescindere dalla loro legittimità.

Per questo, con gli anni, i filtri si sono fatti sempre più difficili da superare. Per un’azienda che fa email marketing, tenere in considerazione tutti questi fattori è indispensabile. La deliverability, ossia la capacità di un’email di raggiungere il destinatario, è un’insieme complesso di fattori che si fa ogni giorno più complicato.

Per quanto gli autoresponder e i CRM come ActiveCampaign si prendano cura dell’infrastruttura dei server, sta a ciascun imprenditore tenere conto di tutti i fattori interni ed esterni che influenzano i filtri antispam.

Una cosa che vorrei rendere chiara fin da subito, è che tutti i maggiori autoresponder e CRM al mondo hanno un’altissima qualità dei server: l’infrastruttura non è quindi un problema. Se utilizzi uno di questi servizi, non te ne devi preoccupare. Tratterò comunque di questo argomento nella parte finale dell’articolo, per tutte quelle persone che gestiscono autonomamente il proprio server email.

Considera infine che provider diversi hanno filtri diversi. Microsoft, Google, Apple e gli altri hanno filtri proprietari. Per quanto si basino sugli stessi principi, nessuno esattamente sa quali siano gli algoritmi. Sono tenuti segreti per non far scoprire un eventuale sistema per aggirarli.

Fattori interni Vs. fattori esterni

Per semplicità, ho diviso i fattori che influenzano la deliverability in interni ed esterni.

I fattori interni sono quelli che si possono controllare direttamente nella singola email. Sono i più semplici da modificare, perché ogni singolo invio fa storia a sé. Quindi se finora hai utilizzato pratiche scorrette nel tuo invio, puoi sistemare i fattori interni già nella tua prossima email.

I fattori esterni, invece, sono quelli che si possono influenzare solo indirettamente. Puoi lavorare per sistemarli, ma prende più tempo e fatica. Sono parametri che vanno a formarsi con il tempo, nel corso di decine e centinaia di email inviate a tutte le persone nella tua lista. Sono anche i fattori più importanti per un provider di posta, quindi devi tenerne conto se vuoi avere un’alta deliverability.

Fattori interni

Andiamo prima a parlare dei fattori interni che influenzano la deliverability. Sono legati alla singola email, che guardano solo il messaggio corrente per dare un punteggio di spam. Sono i più conosciuti e i più semplici sui quali intervenire.

Oggetto della email

La prima cosa che vede un utente, ancora prima di leggere il messaggio, è l’oggetto di una email. È quello che introduce l’argomento, e per questo è anche il primo parametro che viene valutato da un provider per assegnare un punteggio di spam.

Passare indenni questo primo test è indispensabile, perché un oggetto considerato spam può essere sufficiente per azzerare la deliverability della tua email. Ecco i parametri che guarda un provider.

Parole vietate

Il primo è l’utilizzo di parole comuni nello spam. I segnali di allarme principali avvengono con queste parole:

  • Gratis / Gratuito
  • Agisci subito / Agisci ora
  • Offerta
  • Promozione

Come puoi vedere, questi oggetti possono essere usati comunemente nelle email commerciali inviate da un’azienda. Il mio consiglio è di evitare di usarli il più possibile, e invece utilizzare oggetti più colloquiali: che oggetto scriveresti se mandassi l’email a un tuo amico? Potrai poi mettere questi termini commerciali nel corpo dell’email.

Un esempio di email che andrà dritta nello spam è:

Offerta solo per te! Gratis per te il prodotto, agisci subito!

Punteggiatura eccessiva

Il secondo elemento è la presenza eccessiva di punteggiatura (punto esclamativo, di domanda…) e simboli speciali. Questo è un segnale forte, perché un’email inviata da un amico è in genere pacata e con un oggetto semplice.

Ecco un esempio di email che andrà in spam:

— $$$$$ — Non perdere questa occasione!!!!!!! — $$$$$ —

Il simbolo del dollaro è innaturale: viene usato da chi fa spam per attirare l’attenzione di chi legge, visto che un’email con questo oggetto non la si può non notare, anche solo per una frazione di secondo.

Ed è proprio per questo che un oggetto del genere finirà nello spam a prescindere da tutti gli altri fattori. Per questo il mio consiglio è di pensare sempre a un oggetto semplice e diretto, come se fosse un’email inviata ad un conoscente o collega.

Tutto in maiuscolo

Il terzo parametro è l’eccessivo uso del maiuscolo:

ATTENZIONE: LEGGI SUBITO QUESTA EMAIL IMPORTANTISSIMA

Anche se la punteggiatura è corretta e il vocabolario accettabile (anche se è meglio evitare sia “attenzione” che “importantissima” nell’oggetto), questa email rischia di andare in spam perché è scritta interamente in maiuscolo.

Il maiuscolo si fa notare di più, è vero, ma è anche associato allo spam. Non c’è nulla di male a enfatizzare una parola maiuscola all’interno della frase nell’oggetto (ad esempio, “Non crederai MAI a quello che mi è successo ieri”), ma senza abusarne.

Evita questi errori comuni, e avrai già aumentato la deliverability.

Nota inoltre che i filtri antispam sono graduali: le infrazioni più palesi ti costeranno una totale ricaduta nello spam, mentre infrazioni più lievi rientreranno comunque nei parametri di valutazione. Se ci sono altre infrazioni minori, potresti comunque essere parzialmente bloccato da alcuni provider.

(Leggi altri esempi di oggetti validi per superare i filtri antispam in questo articolo)

Rapporto testo/immagini

Un’altra caratteristica delle email di spam, o ancora più delle email commerciali, è la presenza massiccia di immagini.

Questo non solo è un indice di spam, ma peggiore anche l’esperienza dell’utente. Soprattutto quando qualcuno controlla le email da telefono, potrebbe avere una banda limitata sia in velocità che in quantità di dati mensile. Per questo, avere troppe immagini è un fattore negativo per i provider. Non solo: molti client bloccano le immagini, rendendo la tua email mal formattata o illeggibile.

L’idea è di utilizzare il testo più possibile. Usa gli stili CSS, che non vengono associati allo spam dai provider. In più sarai sicuro che verranno visualizzati correttamente.

Se non c’è una buona ragione per fare altrimenti, io consigli di avere al massimo due immagini per email. Se possibile, una è ancora meglio (solo il logo). Ad esempio questa è la formattazione dell’email che Google mi ha inviato l’altro giorno, quando ho aperto un nuovo account Adwords:

Due immagini (il logo in alto, e uno in basso), semplice, leggibile, formattata in CSS.

Visto che Google è il più importante provider email del mondo con il suo Gmail, prendere come esempio le email che invia il colosso americano è un ottimo punto di partenza.

URL shortener

Gli URL shortener, come Bit.ly, Rebrandly o Goo.gl, non sono visti di buon’occhio. Vengono spesso usati per mascherare link affiliati o URL di spam.

Non usare mai uno di questi servizi nelle tue email, per quanto siano tutti e tre affidabili. Non è un parametro che da solo può portare la tua email nello spam, ma contribuisce ad abbassare la deliverability.

Sentiti libero di usare uno shortener nel tuo blog e sui social (noi li usiamo sempre), ma evitali nelle email.

Nota che i redirect fatti dal un autoresponder, necessari per tracciare il click rate, non contano. Quelli li puoi usare come preferisci, e non impattano sulla deliverability.

Testo

Il testo di un’email è, ovviamente, importante. È il cuore del messaggio, la parte che deve comunicare qualcosa in maniera efficace.

Le regole che valgono per la creazione di un oggetto valgono anche per il testo, ma in misura minore. Quindi ci si può permettere più spazio di manovra, e utilizzare alcune parole e punteggiatura che in un oggetto sarebbero costate la deliverability.

Ma l’obiettivo è di essere sempre il più chiari possibile. Il linguaggio è meglio farlo rimanere colloquiale, senza scadere in linguaggi commerciali o da venditore. Il lessico del testo sta giocando un ruolo sempre più importante nel valutare lo spam, ed è meglio relegare la vendita ad una pagina apposita.

Altri consigli sul testo in questo articolo.

CAN-SPAM

Nota: ActiveCampaign si assicura che le norme CAN-SPAM siano rispettate al posto tuo, quindi non devi preoccupartene.

Questa è una legge degli Stati Uniti, e anche se le aziende fuori dagli USA non sono obbligate a rispettarla, è comunque un fattore importante per la deliverability.

La legge CAN-SPAM obbliga tutte le email commerciali e newsletter a rispettare tre principi:

  1. Nell’email devono esserci denominazione, indirizzo e contatti dell’azienda.
  2. Deve essere indicato un link con le istruzioni per cancellarsi dalla lista.
  3. Ogni richiesta di cancellazione deve essere processata entro 10 giorni.

I filtri antispam possono leggere un’email. Se vedono che è di origine commerciale o una newsletter massiva, controllano che ci sia il link per cancellarsi e le informazioni dell’azienda. Se non le vedono, è un segnale di spam.

Non è un fattore che da solo può bloccare un’email, ma sta diventando importante. Di sicuro, viene valutato da tutti i maggiori provider.

Fattori esterni

Passiamo ora ai fattori esterni che influenzano la deliverability, quelli più ostici da comprendere e da migliorare.

I fattori esterni comprendono una serie di parametri che ogni provider email colleziona sulla persone che invia, e il punteggio assegnato è una media di tutte le email inviate nell’ultimo periodo.

Questo significa che se finora hai inviato email di alta qualità, anche un messaggio ad alto punteggio spam verrà consegnato. Di contro, se la tua reputazione è bassa, serviranno tante ottime email di fila per aumentare la deliverability.

Ecco quali sono i principali fattori esterni, e come migliorarli.

Interazione con le email

Questo è il primo dei filtri personalizzati che incontriamo.

Un filtro personalizzato è un filtro che cambia a seconda dell’utente. Se l’utente X interagisce sempre con le mie email, il filtro non le manderà mai in spam. Se invece un altro utente non interagisce mai, basterà poco per far scattare il blocco.

Ci sono diversi modi per interagire con un’email.

  • Click su un link.
  • Rispondere all’email.
  • Contattare l’indirizzo mittente.
  • Segnare l’email come importante.
  • Inserire il mittente nella rubrica.
  • Spostare il messaggio in una cartella o assegnare una tag.

E qualsiasi altra azione prevista dal provider del mittente.

Per questo, quando possibile, è meglio usare il doppio optin: l’utente deve cliccare nell’email per confermare il suo indirizzo. Questa è già una prima interazione anche se debole, e migliora la deliverability. In alternativa, mi piace usare la formula “se hai ricevuto questa email, rispondi e dimmi…” e a seguire una domanda pertinente.

Reputazione del dominio mittente

La maggior parte dei fattori esterni si basano sulla reputazione del dominio mittente.

Se il tuo dominio, ad esempio activepowered.com, ha un’alta reputazione email, difficilmente andrai in spam. La reputazione si costruisce inviando email interessanti, che stimolino aperture e interazioni, ed evitando tutti i fattori interni che possono avvicinarti allo spam.

Questo parametro sta diventando sempre più importante. Se le email del tuo dominio sono spesso marcate come spam, questo può distruggere la tua reputazione e deliverability. È molto difficile recuperare da questa botta, quindi stai molto attento con i tuoi invii.

Mantieni la tua lista pulita, priva di spam, e dai la possibilità ai tuoi iscritti di cancellarsi. Non è una lista enorme che conta, ma la qualità della stessa.

Open rate

Il tasso di apertura è fondamentale.

Più volte sono andato nella cartella spam, per vedere newsletter legittime di aziende serie non recapitate. Il motivo è che non ho mai aperto quelle email in magari 6 mesi o più, e il filtro ha capito che non ero più interessato. Per questo, ha iniziato a mandarle tutte in spam senza dirmi niente.

Questo avviene perché i filtri sanno che, a volte, le persone non sanno come cancellarsi da una newsletter. O forse sono troppo pigre per farlo, o si dimenticano. Quindi l’antispam non previene solo lo spam in senso stretto, ma tutte le comunicazioni commerciali non desiderate.

Se non interagisci con le email di un dominio (azienda) per 6 mesi, il filtro intuisce che non sei più interessato. E quindi, le mette automaticamente in spam. Non è dato sapere se questo influenzi la deliverability per tutti, o solo per quello specifico destinatario.

Una statistica imperfetta

Fai attenzione, perché l’open rate è una statistica imperfetta.

Si basa difatti sulla visualizzazione di un’immagine nell’email, che manda una statistica al server dell’autoresponder. Se l’utente ha disattivato la visualizzazione delle immagini, le aperture senza click non verranno segnate.

Per questo, il tuo open rate è sempre più alto di quanto segnato nella percentuale dell’autoresponder.

(aggiornamento: in realtà l’open rate non è più così importante, o meglio, è necessario sapere alcune cose nel frattempo accadute. Leggi l’articolo sull’open rate nel 2022).

Inviare a indirizzi trappola

Nota: ActiveCampaign monitora e cancella gli indirizzi trappola autonomamente.

Ci sono indirizzi email, detti indirizzi trappola, creati appositamente dai provider per catturare lo spam.

Ci sono due tipi di indirizzi trappola:

  1. Indirizzi non più utilizzati.
  2. Indirizzi creati appositamente.

Può capitare che i provider gratuiti cancellino certi account dei propri clienti per inattività, o sotto richiesta delle persone stesse. Qualsiasi sia la ragione, questi account possono entrare in una lista di indirizzi trappola.

Per un tempo di circa 12 mesi (a seconda del provider), ogni email inviata a questo indirizzo restituirà un messaggio di errore, detto “hard bounce”. In questo primo periodo, inviare un’email a questi indirizzi non comporta nessuna penalizzazione.

Ma dopo un anno, oltre a restituire un hard bounce, il mittente verrà inserito in una lista di possibili spammer. Questo perché il mittente sta continuando a inviare newsletter a un indirizzo inesistente, ed è probabile che non sia affidabile se continua a inviare nonostante gli errori di hard bounce.

Il secondo tipo di indirizzo trappola è composto da indirizzi email creati appositamente.

I provider creano questi indirizzi, e li divulgano sul web senza però iscriverli a nessuna newsletter. Spesso, sono divulgati all’interno di grossi database usati dagli spammer. Quando arriva un’email a questo indirizzo significa che il mittente sta facendo spam, e viene immediatamente contrassegnato come tale.

Questa è, da sola, un’eccellente ragione per non comprare liste email da fonti poco affidabili. Basta un invio a uno solo di questi indirizzi trappola per rovinare la tua deliverability.

Cancellazione senza apertura

Questo è un segnale forte per alcuni provider fra cui Gmail, il più diffuso.

Se una persona cancella un’email senza nemmeno aprirla, significa che non è interessato. Se questo comportamento continua per diverse settimane o mesi, il messaggio verrà marcato come spam in quanto non interessante.

Questo è un altro filtro personalizzato, che punta a rimuovere le email commerciali dalla casella di posta principale. Tuttavia, se troppi utenti cancellano le tue email senza leggerle per troppo tempo, questo può abbassare la tua deliverability globale anche per i nuovi iscritti.

Spam complaint e feedback loop

Nota: ActiveCampaign tiene automaticamente traccia di spam complaint e feedback loop.

Quando un utente clicca su “contrassegna come spam” sulla tua email, succedono molte cose.

La prima, è che tutte le tue successiva email per quella persona andranno in spam. La seconda, è che abbassa la tua deliverability. Questo è un segnale molto forte, e se più dell’1% delle tue email viene contrassegnate come spam, è possibile che tutte le tue future email vadano nella posta indesiderata. Non solo per quei destinatari, ma per tutte le email inviate dal dominio.

La terza, è che il provider invia un “feedback loop” al server mittente (quindi il tuo). Il feedback loop dice che un certo indirizzo email ha contrassegnato una certa email come spam, e richiede che non vengano più inviate email da quel dominio.

Se il mittente non ottempera alla richiesta e continua a inviare email a un indirizzo che ha contrassegnato un messaggio come indesiderato, questo manda un forte messaggio al provider di posta. Il tuo punteggio spam si alzerà, e la deliverability inevitabilmente si abbasserà col tempo.

Per questo tutti gli autoresponder seri, fra cui ActiveCampaign, cancellano automaticamente gli indirizzi che segnano le tue email come spam.

Costanza del volume di invio

Se un certo dominio o indirizzo IP che non ha mai inviato niente si mette a mandare 100.000 email al giorno, i provider alzano le difese.

Quando inizi a fare email marketing, parti da piccoli numeri. Invii poche email al giorno, e con il tempo, aumenti il volume.

Questa è la crescita naturale che un provider si aspetta: un’azienda parte come piccola, e cresce nel corso dei mesi. Un improvviso aumento sensibile degli invii può far pensare a una lista email acquistata o pratiche spam.

Per questo, anche se cambi autoresponder, il consiglio è di fare il passaggio gradualmente se hai un account grande (sopra i 50.000 contatti). Importa prima la lista dei clienti, quella con un tasso di apertura e click più alto (oltre ad essere la più piccola), e passa piano piano a liste più grandi e generiche.

L’ideale è passare tutti i contatti in circa 2 settimane, aumentando gradualmente il volume del nuovo provider di giorno in giorno.

Infrastruttura

L’ultima parte di questo articolo riguarda l’infrastruttura, importante per chi vuole gestire il proprio server email.

Come detto, tutti i maggiori autoresponder e CRM come ActiveCampaign si prendono cura dell’infrastruttura, che è sempre ad ottimi livelli. Anche servizi di invio email come Amazon SES e Sendgrid gestiscono la propria infrastruttura.

Quindi se utilizzi un server gestito da una qualsiasi compagnia maggiore, sei a posto. Se invece mandi molte email da un server proprietario, dovrai considerate anche questi fattori.

SPF

Un record SPF serve a verificare che un dato server sia stato autorizzato a mandare email a nome di un dominio.

Devi semplicemente aggiungere un record TXT con il seguente valore.

v=spf1 mx include:_spf.google.com -all

E cambiare la parte “_spf.google.com” con il dominio del server mittente. Se hai diversi server di invio email, come spesso succede, usa il comando “include”. Ad esempio:

v=spf1 include:emsd1.com include:_spf.google.com ~all

DKIM

DKIM è un sistema che assomiglia a SPF, e il setup è similare. Si occupa di autenticare le tue email, e completa la verifica del dominio mittente. Se hai già impostato un SPF, allora devi impostare anche un record DKIM per completare la configurazione dei DNS per il tuo server email. È l’equivalente del certificato SSL per le email.

Il primo passo, come al solito, è di identificare tutti i server che possono inviare email per conto del tuo dominio. Una volta fatto questo, sei pronto per generare delle chiavi DKIM.

Puoi usare un servizio come Socketlabs per generare una coppia di chiavi DKIM.

Verranno generate due chiavi: una chiave privata RSA, e una chiave pubblica da inserire nei record DNS. La chiave RSA deve essere impostata nel server che invia le email, attraverso il pannello di amministrazione fornito dal server stesso. La chiave pubblica deve invece essere inserita nei DNS del tuo dominio web, con un record di tipo TXT.

DMARC

DMARC influenza la deliverability meno dei due precedenti. Lo scopo principale di DMARC è di dire al provider destinatario come gestire un’email che non è stata autenticata tramite SPF o DKIM.

Può essere utilizzato per impostare regole più restrittive del normale sulle email che non presentano SPF o DKIM (detto “test DMARC”). Se hai un’azienda molto famosa e vuoi evitare a ogni costo la contraffazione del tuo dominio, puoi dire ai provider di mandare in spam tutte le email inviate dal tuo dominio ma senza SPF e DKIM validi.

Quindi DMARC non serve ad aumentare la deliverability, ma solo ad aumentare la sicurezza del dominio.

Per impostare il tuo DMARC, imposta un record TXT sul tuo dominio con questa struttura:

v=DMARC1; p=none; sp=none; rf=afrf; pct=100; ri=86400

Questa è la nomenclatura standard, ed è usata solo per il monitoraggio: non dice ai provider di fare niente, e serve solo a verificare che il record TXT funzioni correttamente.

Il prossimo passo è verificare che tu abbia impostato SPF e DKIM correttamente, e ricevere un report aggregato ogni 24 ore di tutte le email che non hanno passato il test DMARC. Cambia il record TXT in questo:

v=DMARC1; p=none; pct=100; rua=mailto:postmaster@example.com

E cambia l’email dove vuoi far arrivare i report giornalieri. Con questi report, puoi assicurarti di aver impostato SPF e DKIM: in questo stato, DMARC non fa altro che monitorare gli errori senza compiere nessuna azione.

Nota che il dominio dell’email RUA dev’essere lo stesso del server di invio, specificato nel nome del record TXT (ad esempio _dmarc.example.com).

Quando sei sicuro che SPF e DKIM siano a posto, e che quindi tutte le email legittime passino il test DMARC, puoi cambiare il valore P da “none” a uno fra “quarantine” o “reject” a tua scelta.

Quarantine dice di trattare con cautela le email che non passano il test DMARC, perché potrebbero essere contraffatte. Reject dice invece di mandare tutte le email che non passano il test DMARC direttamente in spam, perché sono sicuramente fraudolente.

In questo modo puoi proteggerti da truffatori che vogliono sfruttare il tuo nome senza permesso.

Conclusione

In questo articolo ho voluto parlare di un aspetto fondamentale, ma spesso trascurato, dell’email marketing: la deliverability.

Con queste indicazioni, spero che tu possa migliorare le performance dell’email marketing. Prestare attenzione ai segnali spam e di engagement non è solo un requisito tecnico, ma anche pratico.

Se le tue email sono interessanti e stimolano interazione senza cercare di raggirare i tuoi utenti, sarai sempre protetto dallo spam. Quindi i consigli qui sopra sono anche utili per migliorare il tuo brand, e fare un marketing email più efficace su tutti i livelli.

I filtri antispam stanno diventando sempre più stringenti, visto l’aumentare delle contraffazioni ogni anno. Grazie a questo articolo, ora sei preparato ad affrontare la sfida nel migliore dei modi.

Come al solito, se hai qualche domanda riguardo a questo complesso argomento, scrivila nei commenti e ti risponderò il prima possibile!