Le KPI fondamentali del marketing online
A moltissimi imprenditori capita di innamorarsi delle proprie idee e intuizioni. Del resto, ogni impresa di successo si basa sulla creatività di chi la guida, cioè sull’immaginare un prodotto, e nell’impostare le relative campagne di marketing. Tuttavia, ogni business e ogni campagna di marketing va poi verificata utilizzando le KPI fondamentali del marketing online, un dataset di indicatori in grado di restituirti il quadro della situazione del tuo marketing: se sta funzionando oppure se stai commettendo errori e dove.
Guidato dalla tua creatività di imprenditore, puoi anche pensare di aver inventato il miglior marketing online di questo mondo, con le migliori inserzioni online, originali ed entusiasmanti, le migliori landing page mai apparse online, i migliori contenuti, ma fino a quando non testerai tutta la baracca passandola al setaccio dei numeri, resteranno sempre e solo delle opinioni pronte a essere smentite dal mercato.
Il rischio di innamorarsi delle proprie idee
È capitato e continuerà a capitare ad ogni imprenditore, specialmente quelli esordienti, di innamorarsi delle proprie idee. Entusiasmarsi per un progetto, per un prodotto, per un servizio fino a credere ciecamente che è quello giusto al momento giusto e che il mercato non stava aspettando altro. Un sogno, che tanti imprenditori fanno. Ed è anche giusto che lo facciano. Non ci sarebbero imprese geniali e prodotti rivoluzionari senza il sogno di realizzarli.
Il problema nasce quando ci si risveglia dal sogno. Il mercato è un giudice impietoso e spesso anche crudele, capace di ridurre quel sogno in pezzi.
I dati dicono la verità
Per questo motivo, in ogni impresa, arriva il momento dei numeri. Per qualsiasi azienda i numeri sono come le analisi del sangue. È dai numeri che capiamo la validità del business (quanto spendiamo, quanto incassiamo, quanto guadagnamo) via via a scendere in tutti gli altri settori dell’impresa e naturalmente anche riguardo al marketing. Ogni settore dell’impresa ha i suoi numeri di riferimento.
Le KPI
L’acronimo KPI sta per Key Indicator Performance e come dice la parola stessa si tratta di indicatori che misurano la perfomance in settori aziendali chiave. È dalle KPI che apprendi i risultati di tutto quello che stai facendo. Puoi leggere questo articolo dedicato alle KPI per approfondire il tema.
Le KPI fondamentali del marketing online
Anche il marketing ha le sue KPI che vanno periodicamente monitorate e analizzate, utilizzando i dati che generano per informare le tue azioni presenti e future.
La lista delle KPI del marketing online:
- CLTV: Valore medio di un cliente nel tempo.
- CAC: Costo di acquisizione di un nuovo cliente.
- CLTV/CAC Ratio: Rapporto tra valore medio di un cliente e costo di acquisizione.
- CPL: Costo di acquisizione contatto/prospect.
- CR: Tasso di conversione (può riguardare landing page, eCommerce e siti web).
- ROI / ROAS: Ritorno sull’investimento di Marketing.
- RETENTION: Tasso di fedeltà della base clienti.
- CUSTOMER BASE: indica il numero e il valore totale della base clienti.
- ONE TIME CUSTOMERS: segmento clienti che hanno effettuato 1 solo acquisto con relative revenue.
- RETURNING CUSTOMERS: segmento clienti che hanno effettuato 2 acquisti o più con relative revenue.
- ANNUAL CHURN RATE: tasso di abbandono dei clienti su base annuale.
Andiamo ad analizzarle una per una. Avendo cura di scegliere, per tutti gli indicatori, lo stesso arco temporale.
CLTV: Valore medio di un cliente nel tempo
Questa KPI misura le entrate totali ottenute da un singolo cliente. Si prende il valore medio annuo di un cliente e si va a moltiplicare per la durata media di permanenza del cliente con noi. Il risultato ti darà il Customer Life Time Value, quanto vale questo cliente per te.
Conoscere il valore di ogni singolo cliente ti consente di distinguere tra clienti basso e alto spendenti e quindi la loro importanza per te. Ma soprattutto è un valore che va messo in relazione con le due KPI che seguono.
CAC: Costo di acquisizione di un nuovo cliente
Quanto ti è costato acquisire un nuovo cliente? Lo scopri dividendo il totale dei costi sostenuti per acquisirlo, tramite il marketing, con il totale dei nuovi clienti ottenuti. Questo valore va osservato con una particolare attenzione, in quanto è facile cadere in un errore di valutazione.
L’errore che spesso si commette è valutare il costo di acquisizione solo in base al primo acquisto che il cliente ha fatto.
Ad esempio, acquisire il cliente, tramite Ads e pubblicità è costato 100. Il cliente nel suo primo acquisto ha speso 70, quindi ci hai rimesso 30, ergo la campagna non è profittevole, va smontata.
Ed è un errore.
È un errore perché non è dal primo acquisto che puoi giudicare quel cliente. Il costo di acquisizione va parametrato su tutto il Life Time Value prevedibile di quel cliente, in base ai LTV precedenti di clienti simili. Se poi quel cliente continua ad acquistare (ad esempio aderisce a una proposta di up-sell), e spende, poniamo, 200 euro, quindi in totale ha speso 270, ci stai guadagnando o no? La campagna conviene o no?
Quando si tratta di valutare il costo di acquisizione, e di conseguenza la campagna marketing per acquisirlo, la procedura corretta è confrontare il singolo costo di acquisizione con il LTV. Il rapporto tra i due valori, genera la terza KPI fondamentale che devi monitorare. E cioè:
CLTV/CAC: Rapporto tra valore medio di un cliente e costo di acquisizione
Questo rapporto ti dice la verità su quanto puoi spendere al massimo per acquisire nuovi clienti. Se sai che un nuovo cliente nel corso dell’anno spenderà 1000 (Life Time Value medio dei clienti esistenti), sai anche quanto puoi spendere al massimo per acquisirlo e guadagnarci.
I prodotti in abbonamento allungano il LTV
Questa metrica è particolarmente valida nei modelli di business in abbonamento, ed è anche il motivo per cui se ne vedono tanti di prodotti e servizi con questo modello.
L’abbonamento infatti permette di vedere e calcolare con chiarezza il LTV, perché ogni rinnovo va ad informare proprio questo parametro chiave.
Break even e ROI
Calcolare bene e monitorare costantemente il CLTV/CAC ti permette di capire quando raggiungi il break even cominciando a guadagnare.
Ad esempio: se hai speso 30 euro per acquisire un cliente che ha sottoscritto un abbonamento che costa, poniamo 10 euro al mese, dopo tre mesi avrai raggiunto il break even e da quel momento in poi, sai che stai cominciando a guadagnare.
Questo è molto facile calcolarlo in caso di prodotti in abbonamento, ed è un po’ più difficile farlo ad esempio nel caso di un e-commerce, ma comunque è questa tendenza che chiunque venda online deve riuscire a rintracciare, sia per valutare correttamente il ROAS (Return Of Ads Spent, la spesa per le inserzioni), sia per capire quando stai cominciando a guadagnare.
CPL: Costo di acquisizione Lead/Prospect
Prima dei clienti, vanno acquisiti i potenziali clienti, i famosi Lead, chiamati anche Prospect. Ed è lo scopo primario di ogni campagna di marketing. E anche questa attività va misurata, per capire quanti dei lead acquisiti diventano clienti, quanto costa acquisire un Lead, con quali sistemi (Ads a pagamento oppure Newsletter gratuita) ti conviene acquisirli. Quali sono i lead magnet che convengono di più eccetera.
Questa KPI è importante per capire come performa una singola campagna o quanto stanno funzionando attività come il content marketing, le landing page, eccetera. Inoltre ti può dire anche altro se la confronti con la metrica che segue.
CR: Tasso di conversione
Il Conversion Rate è una metrica generale e utile per capire l’efficacia non solo del business, ma anche per comprendere la validità di tutta la rete di pesca di marketing che abbiamo calato in mare.
In una impresa online le conversioni non sono solo quelle monetarie, cioè le vendite effettuate. Per conversione intendiamo tutte le azioni che desideriamo che gli utenti compiano quando entrano in contatto con noi, che sia iscriversi alla newsletter, aderire a un lancio email, scrivere una recensione, e in generale tutte le azioni dell’utente che ti interessano.
Le conversioni sono in grado di mostrarci i singoli trend dei nostri funnel e possono dirci anche se stiamo sbagliando qualcosa e anche dove l’errore si sta verificando.
Come monitorare le conversioni
Ad esempio mettiamo una landing page dove si propone una vendita agli utenti che provengono da una sponsorizzata sui social: arrivano molti utenti ma gli opt-in (l’inizio di un funnel di vendita o l’inscrizione avvenuta tramite landing page) sono molto bassi. Quindi abbiamo degli utenti che arrivano in grande quantità sulla landing page ma poi sono pochi quelli che proseguono nel funnel. Quindi un tasso di conversione alto a monte, sulla sponsorizzata, ma molto basso a valle, sulla landing page.
Cosa ci dice questo?
Che la sponsorizzata sta funzionando bene, attira gli utenti in grande quantità. Mentre la landing non funziona altrettanto bene, gli utenti la leggono ma poi se ne vanno senza fare opt-in e senza proseguire nel funnel. Quindi abbiamo un problema nella landing, non è sufficientemente chiara, entusiasmante, non conferma le aspettative dell’utente, cosa che invece confermava la sponsorizzata.
Ma potrebbe anche accadere l’opposto. Magari è la sponsorizzata ad essere fatta male: attira molti utenti, vero, ma magari questi utenti non sono esattamente in target, di conseguenza quando capiscono di cosa realmente si tratta (e la landing invece lo spiega bene), si scoprono poco interessati e vanno via.
Sarà compito dell’imprenditore capire dov’è il problema, essendo però sicuro che c’è un problema e questo problema è segnalato dai due tassi di conversione: uno alto a monte, uno basso a valle.
Ovviamente in questo caso l’ideale sarebbe due tassi di conversione grosso modo omogenei.
(e l’imprenditore, o il marketer, lo capirà facendo appositi split test, anche questi fondamentali per capire dove si sbaglia e come porre rimedio).
Un tasso di conversione non va mai analizzato da solo, ma sempre in combinazione con gli altri tassi a lui strettamente correlati.
In ogni azienda si verificano tantissime conversioni ogni giorno, naturalmente sta a te capire quali sono le conversioni più importanti e quelle meno, ma in generale un utente che compie una qualunque azione che comporta lasciare i suoi dati, è una persona interessata alla tua azienda e naturalmente è un potenziale cliente. Scegli quindi di monitorare le conversioni e presta la massima attenzione.
ROI/ROAS: Ritorno sull’investimento di Marketing
Queste due metriche indicano rispettivamente il ritorno sull’investimento (ROI, Return of investment) e ROAS (Return of Advertising Spent) che è il ritorno degli investimenti pubblicitari.
Sono entrambe metriche fondamentali che ci dicono se la nostra spesa sta valendo l’impresa, ovvero se stiamo generando utili. Possiamo anche definirli come i tassi di profittabilità del marketing o dell’impresa in generale.
Abbiamo già visto in precedenza, parlando del Life Time Value del cliente, che è azzardato giudicare un ritorno dell’investimento a breve termine, in quanto i clienti devono ancora dimostrare il loro valore e i relativi ricavi possono tardare, sicuramente di mesi, a volte anche di un anno e più da quando abbiamo fatto l’investimento.
Tuttavia, una misura per capire se la spesa sta dando i suoi frutti, e se il complesso delle azioni di marketing che abbiamo messo in campo, sta funzionando è necessaria avercela, senza dover aspettare chissà quanto.
La regola del 3
Una buona regola è quella del rapporto 1:3. Ovvero, per ogni euro che investi dovresti ottenere in un arco di tempo limitato (un mese, o magari un trimestre) 3 euro di fatturato. Tenendo in considerazione questo rapporto 1:3 puoi vedere se stai sotto spendendo o sovra spendendo in marketing.
Ci sono molti asterischi in quanto appena detto, le variabili sono tante e dipendono da tanti fattori, a cominciare dal tipo di prodotto che stiamo vendendo, dal suo costo, dalla sua scarsità eccetera, ma, come detto, una metrica immediata per capire è necessaria e la regola dell’1:3 tre, può rivelarsi abbastanza veritiera.
RETENTION: Tasso di fedeltà della base clienti
Questa è una KPI assolutamente fondamentale per la crescita sostenibile dell’azienda e, incredibilmente, è anche la più sottovalutata.
Parliamo di fidelizzazione, ovvero quanti clienti restano con noi, sono fedeli all’azienda, essendo clienti ripetuti, fissi, e alcuni anche entusiasti al punto da parlare bene di noi e portarci altri clienti.
La maggior parte degli imprenditori invece tendono a concentrarsi nel procurarsi nuovi clienti, salvo poi disinteressarsi se continuano a comprare o se ne vanno. L’unica cosa che conta sono i nuovi clienti.
I clienti fedeli valgono il 65% dei tuoi introiti
Intendiamoci, i nuovi clienti vanno sempre cercati e conquistati, del resto è per questo che spendiamo in marketing. Ma i clienti già acquisiti sono oro puro per qualunque azienda: anzitutto sono quelli che spendono di più e costituiscono la maggior parte dei tuoi ricavi (alcune stime parlano del 65% dei profitti è costituito dai clienti fissi).
E poi, grazie al loro passaparola, sono in grado di portarci nuovi clienti per i quali non paghiamo nessun costo di acquisizione.
Di conseguenza, tenerli sott’occhio con una apposita KPI, controllando il traffico tra quanti restano e quanti se ne vanno, e capire come fare a tenere alto questo tasso, quanto più alto possibile, è cruciale per l’azienda.
Come si calcola questo tasso di fidelizzazione? Si determina un arco temporale, diciamo un anno e si contano tutti i clienti meno quelli che possiamo considerare nuovi, cioè acquisiti durante l’anno.
Se abbiamo cento clienti tutti acquisiti quest’anno, non abbiamo clienti fedeli. Se ne sono andati tutti (il che per un negozio che vende caldaie, ad esempio, è normale: in questo caso l’arco temporale deve essere almeno quinquennale).
Viceversa se su 100 clienti, ne ho acquisiti 70, ho anche 30 clienti fedeli. E gli altri? Se ne sono andati. O sono clienti dormienti, che vanno risvegliati con una apposita campagna di re-engagement.
Il tasso di fedeltà dei clienti inoltre, va valutato insieme a queste altre due KPI.
Customer base
Ovvero: il numero totale dei nostri clienti. Un numero ovviamente facile da calcolare che esprime il valore totale dei nostri ricavi. Da sola ci dice solo questo, ma se l’affianchiamo alle due metriche seguenti, possiamo sapere molto di più.
One Time Customers
Sono i clienti che hanno acquistato solo una volta. Un numero che coincide con quello dei nuovi clienti. Intuitivamente si crede che sia un numero da aumentare a tutti i costi. E invece no. Si tratta invece di un numero da tenere basso. Per i seguenti motivi:
Returning Customers
Sono i clienti che hanno fatto due o più acquisti. Questo tipo di cliente è molto importante monitorarlo perché potrebbe essere già un cliente fedele o è molto probabile che stia per diventarlo. Quando un cliente compra per la seconda volta significa che è soddisfatto dei prodotti, che si fida dell’azienda, che ha deciso di darle fiducia e credito. Da qui a farlo diventare un cliente ripetuto e quindi fidelizzato, il passo è brevissimo.
L’obiettivo è di avere quanti più Returning Customers possibile, e al contempo di mantenere basso il numero di One Time Customers perché è nei clienti fidelizzati che risiede il grosso del valore dell’azienda.
Di conseguenza l’obiettivo per ogni nuovo cliente dev’essere convincerlo a fare il secondo acquisto, magari proponendogli un up-sell, perché un cliente che fa due acquisti apprezza l’azienda e i suoi prodotti e molto probabilmente non se ne andrà più.
E non finirà invece nell’ultima metrica da monitorare.
Churne rate annuale
Ovvero, il tasso di abbandono dei clienti su base annuale. Questa metrica è strettamente correlata alla Retention, della quale costituisce l’altra faccia della medaglia. Il Churn rate infatti misura i clienti che non hanno più comprato. Dopo il primo acquisto, non si sono più visti.
Sapere quanti sono ci dice anche molto sulla validità dei nostri prodotti, sul prezzo, sulla reputazione, un po’ su tutto il business, in quanto bisogna cercare di capire (chiedendolo anzitutto a loro tramite sondaggio o richiesta di feedback, quale problema ha loro impedito di comprare ancora).
Ogni quanto tempo contarli?
Si possono prendere mensili, o annuali, o quinquennali, dipende dal tipo di business. Soprattutto questa metrica è importante per i business che vanno in abbonamento. Un cliente che non rinnova l’abbonamento è un cliente che ci ha abbandonato (e che bisogna tentare di recuperare).
C’è anche un altro motivo per tenere d’occhio il Churn Rate e risiede nella sua capacità predittiva.
Cambiamenti anche minimi nel Churn Rate portano a cambiamenti enormi nel lungo termine, e quindi nella crescita dell’azienda Di conseguenza, cercare anche di abbatterlo anche dello 0.5% fa una differenza enorme sulla lunga distanza, in quanto se i clienti ripetuti costituiscono il grosso dei ricavi, abbattere in un anno il Churn rate, può significare un incremento di ricavi anche del 25% a lungo termine.
Le KPI fondamentali del marketing online in conclusione
Come hai visto finora, queste KPI costituiscono le metriche fondamentali e primarie per stabilire la salute del tuo marketing e per correggere tutti gli errori che possono pregiudicare una corretta e stabile crescita dei ricavi.
Va da sé che queste metriche potranno aiutarti a capire come e in che modo potrai conseguire quello che per ogni azienda online è l’obiettivo primario.
Mantenere i clienti soddisfatti.
E per tenerli soddisfatti l’unico modo, oltre naturalmente alla qualità dei prodotti, requisito imprescindibile, è offrire loro una customer experience memorabile.
Il che significa contenuti informativi di valore, content marketing di alto livello in base ai diversi stati di bisogno del consumatore, segmentazione dei bisogni quanto più precisa possibile, automazioni di email marketing per sollecitarli e proporre sempre prodotti interessanti, servizio clienti di altissimo livello, un corretto e periodico site-tracking per capire i comportamenti dell’utente, scoprire dove magari si fermano i processi di acquisto e intervenire in merito.
Sono in molti gli imprenditori che sottovalutano questo elemento che invece è fondamentale per ogni azienda.
Cerca di non essere come loro.
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