Il tuo è un business complesso o non sai come raccontarlo?

Ed ecco che durante una consulenza, l’imprenditore ci dice: “Sì, tutto molto interessante, ma molte delle soluzioni digitali che proponi non credo si possano applicare con me. Il mio è un business complesso”.

Ecco, questa frase l’abbiamo sentita qualche centinaio di volte. Se dovessimo credere a tutti quelli che la pronunciano, tutti i business sarebbero talmente complessi da comportare l’impossibilità di innovarli, perfezionarli o anche solo di intervenire per migliorarli.

E non solo: chi dice questa frase non sta nemmeno mentendo. È davvero convinto che il suo business sia complesso. E, ovviamente, solo il suo. Tutti gli altri business invece, quelli sono facili. È proprio solo il suo ad essere maledettamente complesso. 

In realtà spesso non c’è niente di complesso, si tratta di un mero pregiudizio, non a caso già studiato in neuroscienze. 

Si chiama “Bias della complessità”. 

Il Bias della complessità

Foto di Studio Republic su Unsplash.

Si definisce come “bias della complessità” la tendenza a guardare qualcosa che è facile da capire ma che al contrario tendiamo a valutare come eccezionalmente complessa.

È un pregiudizio che fa sì che di fronte a due ipotesi concorrenti, è probabile che sceglieremo quella più complessa. La conseguenza è che quando pensiamo ad un problema, ignoriamo le soluzioni semplici, pensando che “con me non funzionerà mai”.

Il bias della complessità è un pregiudizio che risale alla notte dei tempi. Lo diceva anche Confucio:

“La vita è davvero semplice, ma noi insistiamo nel renderla complicata”.

La complessità in realtà è una scusa

Il bias della complessità fa in modo che spesso troviamo più facile affrontare un problema complesso piuttosto che uno semplice. Una persona che si sente sempre stanca insiste con il medico perché gli prescriva esami su esami, e ignorando il fatto, più ovvio e più semplice, che dorme poche ore a notte. 

Qualcuno che ha difficoltà finanziarie in azienda può mettere in croce i fornitori accusandoli delle peggiori nefandezze, ignorando quanto spenda in eventi di rappresentanza improduttivi. 

Il pregiudizio della complessità è pura pigrizia mentale. Ma può fare danni veri. 

Ad esempio, impedisce di compiere quegli sforzi necessari all’aggiornamento delle proprie competenze professionali. Ci si attiene alle opinioni sul “business complesso” e dunque impermeabile a cambiamenti di metodo o di strategia, ignorando le informazioni che contraddicono palesemente questo assunto.

Concentrandoci sulla presunta complessità del nostro business evitiamo la necessità di comprendere soluzioni a cui non abbiamo pensato. E la risposta è la fuga.

“Nessuno ha i problemi che ho io”.

Il bias della complessità spesso contiene un altro pregiudizio, che fa dire all’imprenditore: “nessuno ha i problemi che ho io”. 

Nella nostra esperienza di consulenti sappiamo che sia il “business complesso” che “I problemi che ho io non ce li ha nessuno” sono concetti entrambi talmente diffusi quanto non veri. Tutti hanno problemi. E chi fa consulenza per mestiere, che guarda i differenti business dall’interno, lo sa. 

Alla fine della fiera “I problemi talmente complessi che solo io ho”, sono i soliti. Sempre quelli più o meno. E quasi sempre gli stessi.

Un e-commerce può apparire praticamente perfetto, ottimo fatturato, ottimi prodotti, ottimi numeri, ma solo l’imprenditore che lo gestisce (e il consulente che lo affianca) sanno che magari quell’e-commerce si regge su un codice pericolante che è a due passi dal crollo. 

O magari hanno un grave problema di fornitori, o di magazzino, o di marginalità sui prodotti. Ma tutti pensano che non abbia problemi. Tutti tranne uno. 

Spesso alle fiere ci dicono: “Ah, Active Powered, ramo consulenza, beati voi, solo clienti paganti e mai nessun problema. Ma in realtà, ovviamente, anche noi abbiamo i nostri problemi. E non invidiamo nessuno. Il problema non sta nell’avere problemi. Sta nel trovare il modo di risolverli e senza pregiudicarci occasioni vincenti, di crescita, di innovazione, credendo che il nostro sia l’unico business talmente complesso da non poterci fare niente.

Anche perché, come dice Anthony Robbins, formatore e coach, autore di diversi best sellers sulla crescita personale:

“Se fai sempre quello che hai sempre fatto, otterrai sempre quello che hai già avuto”. 

Sai comunicare il tuo business?

Spesso lo schema dietro al quale si nasconde il bias della complessità, è una reazione a una semplice incapacità di comunicare natura, scopo e metodo del proprio business da parte dell’imprenditore. O di farlo con una felice sintesi, con parole semplici e chiare.

Spiega il tuo business con un elevator pitch

Come uscire dalla fase del “Business complesso” e dal “non sai che problemi ho io?”. È necessario riuscire a guardare con serenità e con lucidità il proprio business, punti di forza e di debolezza, senza pregiudizi. E per farlo il primo passo è riuscire a raccontarlo in modo semplice, come fanno gli startupper con i possibili investitori.

Una soluzione è l’elevator pitch, o discorso dell’ascensore, tecnica di comunicazione usata soprattutto dagli startupper allo scopo di comunicare l’idea di business ad un investitore. 

Immagine di thebalancemoney.com

Si chiama così perché presuppone un incontro tra aspirante imprenditore e potenziale investitore fuori dal suo ufficio, durante un evento e di conseguenza avendo a disposizione pochi secondi prima che questi si allontani, diciamo trenta secondi al massimo, tanto quando dura un viaggio in ascensore. 

Invece dell’ascensore può trattarsi di un buffet-pitch, cioè mentre si prende qualcosa ad un buffet durante un party o un aperitivo al bancone di un bar, ma il tempo è sempre quello. Poche decine di secondi.

Per le startup l’obiettivo del pitch è incuriosire il potenziale investitore, affinché questi decida di volerne sapere di più, invitando l’aspirante imprenditore in ufficio. 

Trenta secondi di tempo per descrivere il tuo business

Perciò quei trenta secondi sono cruciali, e lo startupper si gioca tutte le sue carte in quello stretto lasso di tempo, in cui deve apparire deciso, con le carte in regola e soprattutto deve descrivere con la massima chiarezza e semplicità il business che ha in mente e il potenziale ritorno dell’investitore.

Funziona così anche nel cinema: sceneggiatori e registi avvicinano i produttori e gli raccontano in trenta secondi l’idea del film e la chiave del successo in esso contenuta. 

“Il mio business non è complesso, in fondo è semplice”

Qualunque imprenditore dovrebbe essere allenato a descrivere la propria attività in pochi secondi, con parole accuratamente selezionate, chiare, logiche, conseguenti, il tutto strutturato in un titolo, attacco, corpo centrale, conclusione.  

La mia azienda cosa fa, come lo fa meglio degli altri, con risultati, quali prospettive ha davanti a sé, come potrebbe fare meglio. 

Puoi fare un esercizio davanti allo specchio. Se riesci a raccontare tutto questo al te stesso riflesso, in trenta secondi, con parole chiare in un discorso di senso compiuto mettendo da parte gli elementi superflui e concentrandoti su quelli chiave, potrai spiegare la tua azienda a chiunque, consulenti, fornitori, clienti e ottenere risposte altrettanto chiare e mirate. 

Puoi provare ad utilizzare questo schema:

  1. Descrizione: cosa fa la tua azienda, quali prodotti offre per risolvere quali problemi/desideri del consumatore/cliente.
  2. Target: come puoi descrivere le persone che utilizzano il tuo prodotto?
  3. Il Vantaggio esclusivo (o a condizioni migliori) che offri: se i clienti scegliessero il tuo miglior concorrente, cosa si perderebbero?
  4. Quale ambito o aspetto vuoi migliorare?
  5. Il traguardo finale che vorresti tagliare: a quale risultato miri?

Comunicare un problema specifico

Una efficace sintesi può aiutarti anche nel caso di un problema specifico da risolvere (ad esempio, aumentare le vendite online). Anche in questo caso è necessario identificare con esattezza il problema per poterlo descrivere con chiarezza e ottenere risposte chiare e altrettanto mirate.

In questo caso puoi provare a porti le seguenti domande:

Identifica il problema

Quale problema specifico necessario risolvere (esempio: i clienti si registrano ma poi non acquistano)? 

Qual è il risultato ideale? 

Definisci cosa ti prefiggi dopo aver trovato la soluzione. Non pensare a nessuna soluzione particolare. Qui il tuo obiettivo è definire il risultato di una soluzione di successo, non la soluzione stessa. (es. “Aumenta le vendite online del 20%” è meglio di “Aumenta le vendite”.

Quali requisiti deve soddisfare la possibile soluzione? 

Annota i requisiti che la soluzione deve soddisfare per risolvere il problema con successo (es. un sito internet con una maggiore customer experience, oppure clienti più fedeli, o servizio clienti più efficiente).

Metti insieme questi tre punti e avrai una chiara definizione del problema da comunicare a uno stakeholder o a un consulente. 

Mappe mentali

Un altro modo di chiarirsi le idee e comunicare con precisione ed efficacia è quello di usare la tecnica delle mappe mentali applicate al business. 

Inventate dal cognitivista inglese Tony Buzan, le mappe mentali sono delle rappresentazioni grafiche che raffigurano il flusso dei nostri pensieri per creare un processo di ragionamento chiaro e definito step by step.

Servono a mettere in ordine le idee, organizzandole in base a importanza e priorità.

Negli ultimi anni le mappe mentali sono state riconosciute dalle aziende come un efficace strumento di comunicazione che migliora le sessioni di brainstorming e collaborazione e possono contribuire a conferire all’imprenditore la visione d’insieme necessaria per sintetizzare il suo progetto e comunicarlo al meglio. 

Un sondaggio dell’esperto di mappe mentali Chuck Frey dimostra che gli imprenditori che utilizzano mappe mentali registrano aumenti di produttività del 25%

Immagine di Mindmapping.com

Come disegnare una mappa mentale

  1. Prendi un foglio bianco in orizzontale, una matita, una gomma e dei colori.
  2. Scegli un argomento sul quale vuoi ragionare.
  3. Metti al centro del foglio un titolo e anche un’immagine che ti suggerisca fortemente il tema. L’immagine non deve essere qualcosa di ben disegnato, anche uno scarabocchio va bene, l’importante è che sia una forma che nasce dalla tua mente e che restituisca alla tua memoria la suggestione di quell’idea.
  4. Fai partire dal centro 4/5 rami principali che individuano le sotto-tematiche che ti permettono di sviluppare l’argomento. Ad esempio in una mappa per decidere l’acquisto di una casa nuova, avrà come sottocategorie l’ubicazione, il tipo di edificio, le esigenze a cui deve rispondere (giardino, garage, terrazza, vicinanza alle scuole, ecc.), il costo, modalità per trovarla, eccetera.
  5. Da ogni ramo principale poi puoi far scaturire nuovi rami che li dettagliano maggiormente. Per esempio per l’edificio ti potrebbe interessare identificare i materiali e le finiture o la classe energetica e via dicendo.

Le mappe mentali vengono utilizzate nelle organizzazioni per realizzare piani di progetto chiari e facilmente assimilabili da tutto il team. 

Puoi mappare qualunque cosa tu abbia in mente, dall’idea del business, alle competenze del team, alla gestione dei processi, al marketing, al commerciale. Esistono diversi software che puoi usare come ad esempio Mindmapping, Matchware, o MindMeister.

Visualizzare mappe mentali è un modo efficace per collaborare e migliorare il lavoro di squadra, in particolare quando si lavora da luoghi diversi. È anche un ottimo modo per presentare idee e concetti a potenziali clienti.

Mappatura del customer journey

Se il tuo problema è costituito soprattutto dall’immaginare un percorso efficace per generare nuovi clienti, puoi utilizzare la mappa specifica del Customer Journey (che è quella che noi utilizziamo in Active Powered) come rappresentazione del nostro metodo di customer experience marketing.

L’esperienza cliente

Nella sua famosa citazione sulla customer experience, Steve Jobs dà un’idea della sua visione spesso ripetuta sull’ordine di costruire un’impresa e sul ruolo dell’esperienza del cliente:

“Devi iniziare con l’esperienza del cliente e tornare indietro verso la tecnologia, non il contrario.”

Dopo Apple che ha creato un’esperienza cliente talmente intensa da essere spesso paragonata a quella di una setta religiosa, esempi di customer experience eccellenti sono dovunque.

Da Starbucks il caffè è una merce e l’esperienza Starbucks è ciò che compriamo. Amazon è noto per la sua esperienza di acquisto fluida e senza intoppi, McDonald’s offre una esperienza di gusto a prezzi economici.  

Elevare l’eccellenza dell’esperienza del cliente è la prossima normalità.

La mappa di una customer experience memorabile

Se la tua azienda è incentrata sulla soddisfazione del cliente e sull’offrirgli una customer experience memorabile, una mappa mentale del percorso del cliente è indispensabile per mettere in evidenza tutti i passaggi e isolare quelli chiave. 

Per migliorare l’esperienza dei tuoi clienti, in primo luogo, devi capire i viaggi che i tuoi clienti intraprendono. Le mappe aiutano le aziende a capire quali punti di contatto creano valore e quali lo erodono. In tutti i settori, l’esperienza di viaggio complessiva è un indicatore di gran lunga migliore della soddisfazione del cliente e dei risultati aziendali rispetto alla soddisfazione relativa a un singolo punto di contatto. 

Comprendendo meglio i passaggi e le fasi coinvolte nei percorsi dei clienti e gestendo l’intero percorso del cliente, le aziende possono migliorare l’esperienza del cliente e creare un vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza. 

“Il mio è un business complesso”, in conclusione

La realtà, come abbiamo cercato di dimostrarti in questo articolo, è che non è il tuo business ad essere complesso (almeno non particolarmente). Forse sei tu a farlo eccessivamente complesso, quando invece si tratta esclusivamente di avercelo chiaro in mente e di saperlo comunicare. 

Adesso sai come fare.