Fallire è l’unico modo di avere successo. Tutti gli errori che mi hanno insegnato qualcosa
Una delle peggiori cose che ci vengono insegnate a scuola, secondo me, è che sbagliare e fallire sono cose che devono essere evitate.
Se sbagli la risposta alla domanda, prendi un brutto voto. Se fallisci il progetto, devi rifare un esame.
E l’intero mondo va avanti secondo questo principio. Fallire è sbagliato. Fallire è una sconfitta personale.
Invece, soprattutto per un imprenditore, fallire fa parte del mestiere. Sull’argomento, la mia citazione preferita è quella di Michel Jordan:
“Nella mia carriera ho sbagliato più di 9.000 tiri. Ho perso quasi 300 partite. Ventisei volte mi è stato affidato l’ultimo tiro e ho fallito. Ho fallito tantissime volte nella mia vita. Ed è proprio per questo che ho avuto successo.“.
Perché quando si prova qualcosa di nuovo, fallire è la regola. Avere successo è l’eccezione. L’unico modo per non fallire mai, è non provare mai. Di contro, più sperimenti e più fallisci. Ma più sperimenti, e più troverai quelle poche perle di successo. Quindi, controintuitivamente…
Più fallisci, più hai successo
Non solo nella carriera, ma anche nella vita privata. È pieno di persone che dicono “eh non ho nessuna passione”. E certo, quante cose hai provato fare nell’ultimo anno? Dieci? Due? Zero?
Le persone, sia nella vita professionale che personale, sono paralizzate dalla paura di fallire. Quindi non provano a fare niente di nuovo per la paura di fallire.
I media odierni non fanno altro che rafforzare questa idea. Continuano a parlare della gente di successo, come se fosse la regola, non l’eccezione. Perché parlare di quell’ultimo imprenditore miliardario che ce l’ha fatta fa ascolti. Senza considerare che:
- Per ogni imprenditore che ha successo, 10 falliscono.
- Anche quell’imprenditore di successo ha attraversato 10 fallimenti prima di trovare l’idea vincente.
Questo i media non lo dicono, e rafforzano nelle persone l’idea che fallire sia in qualche modo sbagliato. Che diminuisca il loro valore come imprenditore, come persona.
Secondo me, un grosso favore che possiamo fare a tutta la comunità è liberarci del tabù del fallimento. Fallire fa bene, fallire è giusto, fallire è inevitabile. Fallire significa che, almeno, ci hai provato.
E prima o poi, avrai successo.
Quindi in questo articolo, che originariamente era partito come idea della settimana della Newsletter di Active Powered, voglio parlare di alcuni dei miei fallimenti.
Nota bene che questi non sono TUTTI i miei fallimenti. Nemmeno alla lontana. Sono solo i primi che mi sono venuti in mente.
Per dimostrare che anche se hai sulle spalle più fallimenti di quanti te ne puoi ricordare (letteralmente), puoi comunque essere un imprenditore di (discreto) successo. E non c’è niente di cui vergognarsi.
Fallire bene, fallire male
Puoi fallire nel modo giusto, o fallire nel modo sbagliato.
Fallire nel modo giusto significa imparare qualcosa dal fallimento. Fallire nel modo sbagliato significa imparare nel modo sbagliato.
Quindi quando possibile, nei miei fallimenti includo anche quello che ho imparato. Non in tutti i miei fallimenti mi hanno insegnato qualcosa, anche io ho a volte sbagliato nel modo sbagliato, ma faccio il possibile per rendere utile questa lista a tutti.
Nota che molti di questi fallimenti sono personali, non riguardano Active Powered.
Primo errore: Art 2 Money
Questo è un progetto che ho messo insieme nel 2013, poco dopo aver lanciato Inglese Dinamico. Era un’agenzia per aiutare gli artisti digitali a monetizzare il loro hobby.
Di per sé, idea non stupida. Ma mesi di lavoro (e tipo 200€ per un logo) per portare a casa un rotondo zero clienti.
La lezione di Art 2 Money
Art 2 Money è stato un reality check: dopo il successo di Inglese Dinamico, pensavo di poter fare soldi in qualsiasi ambito. Ma lì ho capito che serve molto di più per mettere in piedi un business.
Non avevo la minima idea di cosa stessi facendo. Il target non aveva minimamente il budget per acquistare una consulenza (chi acquista una consulenza professionale per un hobby?), né era interessato al tipo di prodotto. Mi fossi fermato a riflettere quei 10 secondi, avrei capito che forse avrei dovuto ripensare all’intera struttura del progetto.
Secondo errore: Obiettivo Lavoro / Ero Timido
Questi sono due manuali che ho pubblicato negli anni successivi sul mio vecchio blog Mindcheats, dopo il già citato successo di Inglese Dinamico.
In tutti e due casi, il prodotto era di qualità. Obiettivo Lavoro era un manuale che aiutava le persone a trovare un lavoro e a farsi ben retribuire, mentre Ero Timido era un manuale per timidi e introversi.
Tutti e due di qualità, tutti e due che hanno richiesto mesi di lavoro a tempo pieno. Ma in entrambi i casi, un fallimento. Qualche cliente c’è stato soprattutto per Obiettivo Lavoro, ma nemmeno lontanamente nel volume necessario per ripagarmi del tempo perso.
La lezione di Obiettivo Lavoro / Ero Timido
Qui ho imparato che non basta scrivere un manuale di qualità per vendere. O un prodotto di qualità, per generalizzare. Serve anche avere un argomento che interessi al pubblico, e un prodotto che il target vuole comprare.
E ho imparato che forse spendere mesi per produrre un prodotto non testato ha poco senso. È molto meglio validare l’idea prima spenderci sopra i mesi (ne parla molto bene Samuele Onelia).
Terzo errore: le prime consulenze di Active Powered
La consulenza di Active Powered non è sempre stata quel gioiello sbalorditivo che è ora (ironia portami via). Siamo passati attraverso diverse iterazioni sbagliate.
La prima versione della consulenza era una consulenza “a ore”: avevi il tuo consulente a retainer per X ore al mese, e ci potevi fare quello che volevi per un costo fisso mensile.
Ma il sistema era poco adattabile, senza una direzione, e secondo i feedback, c’erano molte incomprensioni.
Quindi okay, cambiamo tutto. Consulenza senza limite orario, la puoi usare quanto vuoi, a un fisso mensile più alto. Già meglio, con meno incomprensioni. Ma rimaneva lo stesso problema: non c’era una direzione, era il cliente che già doveva sapere cosa far fare al consulente. Ma se il “cosa” era sbagliato, il “come” lo facevamo noi (bene) non portava a risultati soddisfacenti.
Okay, prossimo passo allora. Il Metodo Active Powered. Dove non solo ti facciamo le cose, ti costruiamo un sistema di marketing e CX automation su misura. Bellissimo, risultati MOLTO migliori rispetto alla versioni precedenti.
Resta però un problema: secondo il feedback dei clienti, il metodo è troppo limitato. Facciamo marketing e CX automation, ma i clienti che vengono da noi vogliono qualcosa di più. Quindi in queste settimane stiamo testando con alcuni clienti selezionati una Consulenza Olistica con eccellenti primi risultati (hey, se ne vuoi sapere di più, puoi sempre parlarne con Alessandro).
Idealmente, questa nuova versione della consulenza renderà tutto quello che è venuto prima un esperimento fallito.
La lezione di Active Powered
La prima versione di un prodotto non è mai quella definitiva, quella ottimizzata, quella che il pubblico fa a botte per acquistare. Okay, magari sì, ma è un colpo di culo più unico che raro.
Parti sempre con l’idea che la versione attuale del tuo prodotto, o del tuo marketing, è ampiamente migliorabile. Perché lo è: se stessi facendo tutto alla perfezione, saresti il leader indiscusso del mercato. Lo sei? No? Bene! Significa che hai ampi margini di miglioramento.
Questo è un esempio di come ho fallito nel modo giusto: le prime iterazioni della nostra consulenza sono state un fallimento, e abbaiamo imparato lezioni per migliorare. L’unica critica che muovo verso me stesso è che avrei potuto farlo più velocemente: più rapide sono le iterazioni, più imparerai e migliorerai velocemente.
Quarto errore: Left Hand Gaming mouse
Questo non è un fallimento, è più un’idea mezza realizzata in pausa perché non ho tempo di seguirla adeguatamente.
(O almeno, questa è la versione dei fatti della quale sto cercando di convincermi. Datemi un po’ di supporto, su!).
Quest’idea, di per sé, non è male affatto: io sono mancino, e al PC non ci lavoro solo, ma ci gioco. Il problema è che di mouse da gaming per mancini non ce n’è quasi nessuno, giusto un paio di modelli con lampanti problemi.
Speso mesi di tempo a fare loghi, copy, copy, layout, design CAD del mouse con studi ergonomici…
Tutte cose che sono costate migliaia di euro fra l’altro, eh. Mica bruscolini.
Per poi fermarmi perché se la campagna Kickstarter avesse avuto successo, non avrei avuto il tempo di seguire la produzione.
Questa è roba fresca, di qualche mese fa. Ma con un bilancio a 4 cifre in negativo e più di un anno perso dietro allo sviluppo, possiamo tranquillamente considerarlo un fallimento fino a questo momento. Ma la parola fine non è ancora stata scritta per questo progetto, parola di Stefano Mini.
La lezione di Left Hand Gaming mouse
Da una parte, la lezione è che gestire la produzione di un prodotto fisico che, per avere successo, avrebbe dovuto vendere almeno 10.000 unità non è un’impresa semplice. Richiede del tempo che semplicemente non ho.
Dall’altra, che non serve avere un prodotto finito prima di vendere. Chissenefrega se non ho ancora uno studio ergonomico del mouse specifico per la mano sinistra? Posso magari non vendere il prodotto, ma testare l’interesse. Creare una lista d’attesa. Pubblicare il prezzo e vedere quanti si iscrivono alla notifica “quando è pronto”. Chiedere alle comunità online di videogiocatori cosa ne pesano. O alle comunità di mancini. Il tutto senza spendere migliaia di euro e un anno di tempo per un prototipo prima ancora che qualcuno lo veda.
Quinto errore: SignorCopy
Questo era un SaaS che aiutava i copywriter a produrre copy più velocemente grazie all’intelligenza artificiale. Tipo CopyAI, per dire, ma in italiano.
Questa idea, come quella del mouse, non l’ho completamente abbandonata. Ma con EdgarBot e Zio Copy, altri due nostri progetti, decisamente più apprezzati dai beta tester, SignorCopy è in pausa indefinita.
Un po’ per la reazione dei clienti, un po’ perché sono convinto che questi software che sono poco più di ChatGPT con un’interfaccia diversa e due funzionalità appiccicate, avranno sempre meno senso di esistere in futuro.
Con un gran totale di 0 clienti e mesi di sviluppo persi, per il momento anche SignorCopy è un fallimento.
La lezione di Signor Copy
Ci sono due lezioni principali.
La prima è che, come ho scritto più volte sopra, ha poco senso investire troppo in un progetto prima di portare i primi clienti o testare l’interessa.
Questa è chiaramente una lezione che faccio fatica a imparare.
La seconda, è che ho totalmente lasciato in mano al team di sviluppo la creazione del progetto, mentre io mi sono dedicato a piene mani a EdgarBot.
Grave errore: se non ho tempo per dedicarmi a due progetti, allora ne devo portare avanti solo uno. Non c’è niente da fare, non sono i soldi che danno il successo a un progetto. Se non posso essere sul pezzo, non posso sperare che il team di sviluppo mi tiri fuori dal cappello una startup di successo. Detto così sembra banale.
Ah, e anche assumere un intero team di sviluppo per il front-end senza prima aver validato l’ipotesi. Pessima idea anche quella. Ho imparato quella lezione con EdgarBot, che un front-end nemmeno ancora ce l’ha.
Sesto errore: Il Progetto Ultramicro
Il primo fallimento è il nome del progetto. Ma suvvia, è un nome interno. Ci può stare.
L’idea di base era questa: invece di avere un grosso progetto come Active Powered, avere decine, se non centinaia, di siti e brand ultra-specifici che vendono prodotti di ultra-nicchia, sui quali non c’è nessuna concorrenza. L’idea di base era di vendere prodotti di basso costo (tipo manuali) su argomenti sui quali non c’è concorrenza, e di piazzarsi con la SEO su keyword talmente long tail che bastano 2 link in croce per essere primi.
Progetto fallito dopo essermi accorto che anche se è un progetto, appunto, “ultramicro”, ciascuna attività richiede attenzione, sforzi, tempo e fatica. Soprattutto se si vendono dei prodotti per i quali le persone pagano soldi veri. Molto più di quanto ha senso spendere per riavere indietro forse tipo 100€ al mese.
Ora che esiste GPT però, ci si potrebbe ripensare. Magari solo con blog gratuiti, e poi creare prodotti di qualità solo per quelli che si posizionano bene… Un attimo, vado a segnarmi l’idea su Notion.
La lezione del progetto Ultramicro
Beh, nessuna lezione qui. Se non che, appunto, sviluppare un progetto richiede sempre più tempo ed energie di quanto si pensi all’inizio. Almeno il doppio, se non il triplo.
In conclusione: più fallisci, più hai successo
Questi sono alcuni dei fallimenti che mi sono venuti in mente. Ripeto, non sono affatto gli unici. Ho solo continuato a scrivere finché l’articolo non è diventato abbastanza lungo da poter essere pubblicato. Avrei potuto andare avanti ancora per tanto, tanto tempo.
Ma sono questi fallimenti che mi hanno permesso di arrivare alla perla della mia carriera finora, il qui presente Active Powered. E con tutti i fallimenti che sto accumulando in questo periodo, sono sicuro che sia solo una questione di tempo prima di arrivare a un altro successo ugualmente importante.
Io ho fatto il primo passo, ma spero di non essere l’unico. Quindi fatevi avanti, scrivete nei commenti le vostre storie di fallimento e cosa avete imparato.