“Guarda chi si rivede!”. Come funziona la sequenza email di bentornato e a chi conviene farla

In email marketing si parla sempre della sequenza di benvenuto. È il flusso che accoglie un nuovo cliente, gli spiega come muoversi, gli presenta i benefici aziendali, i bisogni che vengono soddisfatti, si crea il primo legame. Ma esiste un’altra sequenza, molto meno conosciuta, che in certi business è persino più strategica: la sequenza di bentornato. Questa sequenza non si rivolge a chi arriva per la prima volta: non ha senso presentare l’azienda e i suoi servizi a chi già la conosce e sa cosa si vende, come ci si muove nel sito eccetera. E nemmeno ha senso ricevere il vecchio cliente senza fare una piega, senza salutarlo, senza mostrare di ricordarsi chi è e quale importanza ha avuto per l’azienda. 

Sequenza di bentornato: customer experience, innanzitutto

A prescindere dai benefici concreti e reali che ha per l’azienda il ritorno di un nuovo cliente, la sequenza di bentornato è anzitutto e soprattutto una forma di cura del cliente, ideale per le aziende che fanno della customer experience un elemento del proprio marketing finalizzato alla massima soddisfazione del cliente stesso, a sua volta elemento – lo abbiamo detto tante volte in questo blog – cruciale per la fidelizzazione e per i ricavi aziendali. 

Il bentornato è una forma di cortesia che il cliente apprezza sempre, analogamente a quando si rientra in un negozio dove abbiamo fatto degli acquisti e l’addetto al bancone di un bar, ad esempio, ci saluta calorosamente e ci chiede se siamo sempre appassionati della stessa birra. 

Email di bentornato di Netflix

Il motivo di una sequenza di bentornato

La sequenza è quindi diretta a chi è già stato cliente, del quale si conoscono acquisti precedenti e preferenze e in generale si posseggono i suoi dati.

È diversa anche da una campagna di re-engagement, o da sequenze win-back perché in questi casi sei tu che provi a riportare indietro utenti o clienti.

Email di riconquista di Sephora

Qui invece il cliente ha già fatto da solo quel passo, e proprio per questo l’accoglienza deve essere diversa: non ha senso dirgli cose che conosce già, ma è essenziale invece dagli nuovi motivi per restare. 

Perché la sequenza di bentornato può essere potente

Un cliente che ritorna porta con sé due elementi che un nuovo cliente non ha.

  • Una storia di utilizzo, con dati e preferenze che conosci già.
  • Un passato che contiene motivazioni sia positive (perché era entrato) che negative (perché se n’è andato).

La sequenza di bentornato è l’occasione per mostrare che sai chi hai davanti, che ricordi il suo percorso e che sei capace di offrirgli qualcosa di più. È un momento delicato, perché il rischio di una seconda disdetta è alto, ma anche un momento ricco di potenziale, perché significa che il cliente ti ha scelto di nuovo, nonostante tutto.

Gli esempi di bentornato dai servizi di streaming

Il settore dove la sequenza di bentornato è nata, o almeno resa popolare, è quello dei servizi di streaming. Piattaforme come Netflix, Disney+, Apple TV+ o Prime Video hanno un flusso specifico per gli utenti che riattivano l’abbonamento.

Un tipico messaggio di bentornato in streaming gioca su tre assi:

  • la continuità, riproponendo serie già iniziate o contenuti in sospeso;
  • la novità, mostrando cosa è cambiato durante la sua assenza;
  • il privilegio, magari con un contenuto esclusivo o una prova di un piano superiore.

Questo approccio non è improvvisato. MarTech ha analizzato i “welcome back program” come parte della customer retention e sottolinea proprio come la personalizzazione basata sui dati passati sia il vero differenziale rispetto a una sequenza standard.

Quali business hanno bisogno di una sequenza di bentornato

Lo streaming lavora su gusti e abitudini di consumo culturale. Ma la logica della sequenza di bentornato si adatta perfettamente anche ad altri settori.

SaaS e software in abbonamento

Qui il ritorno spontaneo può significare che il cliente ha provato un concorrente e non si è trovato bene, o che nel frattempo il suo bisogno si è fatto più urgente. La sequenza dovrebbe:

  • riconoscerlo, mostrando che il suo piano precedente è stato aggiornato;
  • presentargli in modo evidente le feature che sono state introdotte da quando se n’era andato;
  • offrirgli un “percorso veloce” per integrare il software nei processi, evitando di ripetere gli errori che forse lo avevano fatto disdire.

Il focus dev’essere non sul “ti vogliamo di nuovo” ma su “ora puoi fare di più rispetto a prima”.

E-commerce

Nel retail online il ritorno è ancora più interessante. Pensa a un cliente che aveva comprato in passato, poi ha smesso, e dopo mesi o anni torna a fare un ordine. La sequenza di bentornato può:

  • basarsi sulla cronologia degli acquisti e proporre prodotti complementari o aggiornati;
  • ricordare al cliente i suoi vantaggi (punti fedeltà, credito, wishlist rimasta in sospeso);
  • spingerlo subito a un acquisto ricorrente, riducendo il rischio che sia solo un ritorno episodico.

La personalizzazione basata sui dati di acquisto passati aumenti in modo significativo il tasso di conversione nelle email di riattivazione.

Formazione e consulenza

Un cliente che riprende un corso o torna a seguire un percorso di coaching non ha bisogno di sentirsi “nuovo”, ma di sentirsi riconosciuto. Qui la sequenza può ricordargli dove era arrivato, aggiornare i materiali a cui ha accesso e offrirgli un passaggio naturale verso moduli più avanzati. È un modo per dargli il messaggio: “Bentornato, sei più avanti di quanto pensi”.

Quali dati servono per realizzare una sequenza di bentornato

Una sequenza di bentornato vive di personalizzazione. È questo che la distingue da una sequenza di benvenuto: non parli a uno appena arrivato, parli a qualcuno che già conosci. Ma per riuscirci davvero hai bisogno di dati. Non tanti, e non necessariamente perfetti. Quelli giusti.

I dati minimi indispensabili

Ci sono due informazioni senza le quali qualsiasi sequenza di bentornato diventa impossibile:

  • lo storico della relazione: quando è entrato per la prima volta, quando ha smesso, e ora che è tornato;
  • il prodotto o servizio usato in passato: che piano aveva, cosa aveva acquistato, quali contenuti aveva seguito.

Con solo questi due elementi puoi già costruire un messaggio di bentornato che riconosca l’esperienza passata e faccia capire che non stai ricominciando da zero.

I dati che fanno la differenza

Oltre al minimo, ci sono altri dati che trasformano la sequenza da “carina” a “memorabile”:

  • comportamenti precedenti: quali email apriva, su cosa cliccava, quali funzionalità usava più spesso;
  • preferenze esplicite: categorie scelte, generi preferiti, aree di interesse indicate in un questionario;
  • feedback e motivi di disdetta: se sei riuscito a raccoglierli al momento della cancellazione, sono oro.

Questi dati non servono per appesantire la comunicazione, ma per rendere ogni email naturale, quasi scontata. Come se dicessi: “Bentornato, sappiamo che ti piacciono le serie crime e che avevi lasciato a metà la stagione 3. Indovina un po’? È uscita la quarta.”

Se hai solo una parte dei dati

Molte aziende si scoraggiano perché non hanno un CRM perfettamente popolato. Ma non è un ostacolo insormontabile. Puoi fare due cose:

  • usare ciò che hai, anche se poco. Se l’unico dato disponibile è l’ultimo prodotto acquistato, puoi costruire il bentornato proprio su quello. “Bentornato! L’ultima volta ti eri portato a casa questo prodotto, oggi ci sono queste novità correlate”.
  • raccogliere il resto al volo. La sequenza stessa può diventare occasione per chiedere nuove preferenze. Un sondaggio leggero, un link a scelta multipla, una domanda semplice: “Sei tornato perché…?”. La risposta arricchisce i dati e personalizza anche le comunicazioni successive.

In definitiva, non serve sapere tutto di un cliente, ma serve ricordare ciò che conta. Una sequenza di bentornato che parte da un dato autentico, anche minimo, trasmette rispetto, cura, continuità. E spesso è più efficace di una sequenza perfettamente costruita ma fredda.

Come realizzare una sequenza di bentornato

Ogni settore ha le sue logiche, ma il cuore della sequenza di bentornato è sempre lo stesso: riconoscere chi torna, valorizzarlo, mostrargli cosa è cambiato e dargli un motivo in più per restare.

Tre email bastano: brevi, mirate, senza ridondanze.

SaaS: il cliente che riattiva un account

Un utente che torna su un software non vuole tutorial base, vuole sapere perché questa volta sarà diverso.

  • Prima email: riconoscimento. “Bentornato! La tua azienda era arrivata fino a qui con noi”.
  • Seconda email: novità. Un focus sulle feature introdotte da quando aveva disdetto, con un taglio orientato al business (“ora puoi integrare Slack” o “ora puoi gestire i team più grandi”).
  • Terza email: successo rapido. Un caso d’uso o un esempio concreto che gli mostra come ottenere valore immediato.

E-commerce: il cliente che rifà un ordine dopo mesi

Qui la sequenza deve accendere subito la scintilla dell’acquisto ricorrente.

  • Prima email: bentornato con memoria. “L’ultima volta avevi scelto questi prodotti. Oggi ci sono queste novità pensate per te”.
  • Seconda email: incentivo. Uno sconto per un acquisto correlato o per uno step successivo (ad esempio passare da un prodotto singolo a un kit).
  • Terza email: continuità. Invito a iscriversi a un programma fedeltà o a un abbonamento ricorrente per non doversi ricordare ogni volta.

Qui può avere senso aggiungere una quarta email, a distanza di qualche settimana, per verificare se è rimasto attivo o si è già “spento” di nuovo.

Formazione e consulenza: lo studente che riprende un percorso

Un corsista che torna non deve sentirsi “di nuovo al via”, ma “più avanti di quanto pensa”.

  • Prima email: bentornato con memoria. “Avevi seguito fino al modulo X. Oggi ci sono anche Y e Z che completano il percorso”.
  • Seconda email: supporto. Un invito a un webinar o a una sessione live per aiutarlo a reinserirsi senza attrito.
  • Terza email: futuro. Un’offerta per accedere a un percorso avanzato, un certificato o una community premium.

Tre email possono bastare, ma il tono qui è più narrativo e motivazionale, quasi da coach.

La sequenza di bentornato con ActiveCampaign

E qui veniamo alla parte pratica: tutto questo si può fare con un buon software di marketing automation. Con ActiveCampaign, ad esempio, non serve inventare hack complicati. Basta utilizzare i trigger giusti.

Puoi attivare un’automazione quando lo status del cliente passa da “inattivo” a “riattivato” o quando un contatto riacquista un prodotto o rinnova un abbonamento. A quel punto, il flusso di email può essere costruito esattamente come una sequenza di benvenuto, ma con regole condizionali basate su dati passati.

È possibile personalizzare i messaggi in base a:

  • data dell’ultimo acquisto o dell’ultima sottoscrizione;
  • categorie o prodotti acquistati;
  • interazioni precedenti con l’email marketing;
  • motivo della cancellazione se era stato registrato.

Il risultato è che la sequenza non suona mai generica. Anzi, dà la sensazione che l’azienda sappia chi è tornato e perché, e lo accolga come un cliente di valore.

Sequenza di bentornato in conclusione

La sequenza di bentornato non è un vezzo, è una delle leve più sottovalutate del marketing automation. Lo streaming l’ha resa quasi invisibile, tanto è naturale. Ma se la portiamo fuori da quel contesto, nel SaaS, nell’e-commerce, nella formazione, nella consulenza, diventa un’arma potente per aumentare la fidelizzazione.

Trattare un cliente di ritorno come un neofita è un errore che brucia un’occasione. Trattarlo come qualcuno che conosci già, e che ti ha scelto di nuovo, è il modo migliore per dirgli: “Bentornato, questa volta sarà ancora meglio”.