Come la pensi sull’Intelligenza Artificiale? Sei Apocalittico o Integrato?
Nel 1964 usciva un saggio di Umberto Eco intitolato Apocalittici e Integrati. In questo testo, si analizzava il tema della cultura di massa diffusa dai mezzi di comunicazione e ci si interrogava, o meglio ci si divideva, tra fautori della cultura diffusa dai mass media come un bene per l’umanità (gli Integrati) oppure un pericolo per la cultura stessa che avrebbe perso i suoi interpreti principali (gli intellettuali), per finire nelle menti di chiunque (ovvero non in grado di comprenderla) provocandone a lungo andare la sua scomparsa (gli Apocalittici).
Oggi potremmo definire i primi come quelli che hanno nei confronti delle innovazioni un atteggiamento critico e tradizionalista, quasi aristocratico e che preferiscono l’attuale certo al futuro incerto. Al contrario gli “integrati” sono coloro che hanno del futuro una visione ottimistica talmente pronunciata che a volte sconfina nell’ingenuità.
Questo dibattito è tornato prepotentemente alla ribalta nel caso dell’Intelligenza Artificiale (AI), attaccata dagli apocalittici e difesa dagli integrati.
Apocalittici e integrati sull’AI
Oggi due visioni differenti si contrappongono: un futuro distopico in cui l’uomo viene sopraffatto dalla tecnologia da lui creata. E un futuro in cui l’intelligenza artificiale viene utilizzata dall’uomo in modo etico e responsabile, in cui si bilanciano umanità e l’artificio.
Ogni giorno assistiamo a questo confronto. L’ultimo round si è tenuto nei giorni scorsi, in occasione della sigla dei titoli di testa della serie Disney Secret Invasion.
In questo caso il dibattito, molto acceso, è nato sulla scelta della Disney di realizzare la sigla dei titoli di testa utilizzando esclusivamente un tool di intelligenza artificiale come Mind Journey, scelta che ha scatenato un putiferio di reazioni non proprio benevole (“grossolano “, ” non etico “, “questa è la peggiore introduzione per qualsiasi programma televisivo di sempre” eccetera.
Method Studios, la società che ha realizzato la sequenza dei titoli di apertura, ha rilasciato un comunicato confermando che la sigla era stata realizzata con Mind Journey ma che l’intelligenza artificiale era “solo uno strumento” utilizzato e che “nessun lavoro di artista è stato sostituito”. Troppo poco però per arginare la protesta.
(tra l’altro la sigla incidentalmente, è andata in onda proprio nella settimana in cui autori e sceneggiatori televisivi sono in sciopero proprio per l’utilizzo crescente dell’AI nelle produzioni),
Ma l’intelligenza artificiale ha anche i suoi Integrati: come ha scritto Marah Eakin su Wired, c’è anche una “AI buona”, quando, come nel caso di Pixar, si utilizzano gli strumenti di AI per rendere le fiamme in Elemental più reali, con l’aiuto di molti illustratori umani.
L’Hype Cycle dell’AI
Questo perenne dividersi tra “buona/cattiva, giusta/sbagliata, vero/falso è tipico di ogni rivoluzione tecnologica, che sia annunciata o effettivamente in corso. In realtà il tema “AI buona” vs “AI cattiva” sta finendo – e sfinendo – tutti, contagiando le menti più acute e attente che appaiono sempre più indecise su quale strada prendere o su quale crinale avventurarsi in caso di AI e sue applicazioni.
Intanto come in tutte le rivoluzioni annunciate c’è sempre da distinguere se si tratta di una vera innovazione rivoluzionaria o come spesso accade, di una semplice “bolla” o addirittura moda passeggera.
Ogni innovazione tecnologica di una certa importanza compie sempre uno stesso ciclo di reazioni, definito come “l’Hype Circle”, un ciclo di eccitazione collettiva studiata anche in economia, nel quale la tecnologia diventa prima emergente, poi bolla tecnologica, poi novità commerciale e infine asset industriale. Questo nei casi positivi.
In quelli negativi, invece l’Hype Cycle si ferma allo stato di ”bolla” per poi scoppiare e deflagrare nel nulla. Di esempi se ne possono fare a centinaia:; dalla realtà virtuale di Second Life, nei primi anni Duemila al tanto vagheggiato (da Facebook) Metaverso che stenta però a diventare una realtà.
I 5 stadi dell’Hype Cycle
Come funzionano gli Hype Cycle? Per ogni tecnologia nascente sono state individuate 5 fasi chiave.
Trigger dell’innovazione
Una potenziale svolta tecnologica dà il via alle cose. Le prime storie di proof-of-concept e l’interesse dei media innescano una pubblicità significativa. Spesso non esistono prodotti utilizzabili e la fattibilità commerciale non è dimostrata.
Il Picco di aspettative gonfiate
La pubblicità iniziale produce una serie di storie di successo, spesso accompagnate da decine di fallimenti. Alcune aziende agiscono, molte altre no.
La Disillusione
L’interesse diminuisce man mano che gli esperimenti e le implementazioni non riescono a fornire risultati. I produttori della tecnologia falliscono o si ridimensionano. Gli investimenti continuano solo se i fornitori sopravvissuti migliorano i propri prodotti in modo soddisfacente per i primi utilizzatori.
Il Pendio dell’Illuminismo
Altri esempi di come la tecnologia può portare benefici all’impresa iniziano a cristallizzarsi e diventano più ampiamente compresi. I prodotti di seconda e terza generazione appaiono dai fornitori di tecnologia. Più imprese finanziano progetti pilota; le società conservatrici rimangono caute.
Altopiano della produttività
L’adozione mainstream inizia a decollare. I criteri per valutare la fattibilità del fornitore sono definiti in modo più chiaro. L’ampia applicabilità e rilevanza sul mercato della tecnologia sta chiaramente dando i suoi frutti.
In che stadio della percezione generale si trova l’AI? La tecnologia ora ha raggiunto il punto in cui le persone in ogni campo ne sono innamorate e sperimentano.
Ciò porterà, come tutte le tecnologie di largo uso, a nuove creazioni e anche a utilizzi selvaggi, come i libri scritti con ChatGPT e mosse molto avventate come avvocati che usano l’intelligenza artificiale per scrivere memorie legali e citare casi inesistenti. Ed è il momento in cui Spotify, Apple Music e altri servizi di streaming vengono inondati di brani generati da bot.
I dati sono la chiave di volta
Ma a cosa dobbiamo l’improvvisa esplosione dei modelli linguistici come ChatGPT, il machine learning, l’AI predittiva eccetera? Perché in altre parole lo sviluppo dell’intelligenza artificiale sembra possibile oggi, ma è sempre fallita nei tentativi di ieri?
La risposta è una soltanto: la quantità di dati disponibili oggi, rispetto a ieri. Dall’avvento di internet in poi ogni nostra azione lascia una traccia nel mondo digitale, una traccia che può essere letta da chi viene dopo.
Sono dati che provengono dalla digitalizzazione di documenti, da qualsiasi attività compiuta su internet, ricerche, acquisti, pagine salvate, contenuti pubblicati su piattaforme come Instagram o Linkedin. Le nostre informazioni sono il petrolio della futura economia, e gli algoritmi e l’Intelligenza Artificiale sono gli strumenti imprescindibili per trasformare quei dati in potere economico.
Si legano, quindi, in modo fondamentale la popolazione, l’economia e l’intelligenza artificiale. Stiamo vivendo in un momento di cambiamento storico, sotto aspetti culturali, economici e tecnologici.
Questa è una grande possibilità ma anche un grande pericolo.
Perché tutti dovremmo vedere questo episodio di Black Mirror
Joan, una dirigente di medio livello che lavora in una non meglio precisata startup, torna a casa dopo una giornata difficile in ufficio e scopre che gli eventi che ha appena vissuto sono stati trasformati in un patinato show televisivo con Salma Hayek nel ruolo della protagonista. Da qui in avanti, la situazione degenera: si sovrappongono livelli diversi, ognuno dei quali è zeppo di contenuti.
È il plot di Joan Is Awful, il primo episodio della sesta stagione di Black Mirror.
Quello che allo spettatore può sembrare inizialmente surreale e distopico, assume via via i tratti di un futuro non così lontano e ipotetico. Nel corso dell’intera vicenda i personaggi “subiscono” gli effetti di tecnologie effettivamente già esistenti: dai big data, ai sistemi di intelligenza artificiale più evoluti, fino ai computer quantistici.
L’avvertimento è ovvio: non può esistere tecnologia senza regole. E le regole devono valere per tutti.
L’AI e la perdita dei posti di lavoro
L’argomento principale degli apocalittici dell’AI è naturalmente la perdita dei posti di lavoro. Argomento al quale gli integrati rispondono con l’inevitabilità del progresso e delle innovazioni che nella storia si sono succedute migliaia di volte senza determinare estinzioni di massa dell’umanità che al contrario si è sempre adattata.
Nello scorso marzo, la banca d’affari Goldman Sachs ha previsto in un rapporto che l’intelligenza artificiale potrebbe alla fine sostituire 300 milioni di posti di lavoro a tempo pieno a livello globale e influire su quasi un quinto dell’occupazione, con un particolare impatto sui lavori dei colletti bianchi spesso considerati a prova di automazione, come quelli amministrativi e le professioni legali.
L’intelligenza artificiale è anche una preoccupazione nel comparto dei creativi, vedi lo sciopero degli scrittori televisivi e di intrattenimento iniziato a maggio, con gli scrittori che chiedono una migliore retribuzione e sicurezza del lavoro oltre a un divieto quasi totale dell’uso dell’intelligenza artificiale per produrre contenuti di intrattenimento.
Ma gli analisti notano che, come con la tecnologia precedente che ha sostituito i lavoratori umani, l’IA generativa sta già creando nuovi posti di lavoro e il fiorente settore è appena agli inizi.
“Si prevede che l’IA generativa diventerà un enorme generatore di occupazione a causa delle stime di un mercato dell’IA da 1,3 trilioni di dollari in crescita che aumenterà le vendite e la spesa pubblicitaria per l’industria tecnologica”, ha dichiarato Ben Emons, direttore di NewEdge Wealth, società di consulenza globale.
Riqualificarsi per cavalcare l’AI
Circa la metà di tutte le aziende utilizza attualmente l’intelligenza artificiale in qualche modo.
Sebbene non esista una metodologia di ricerca concordata o impatti economici previsti, l’intelligenza artificiale potrebbe prendere il lavoro di ben un miliardo di persone in tutto il mondo e rendere obsoleti 375 milioni di posti di lavoro nel prossimo decennio.
I lavori più nuovi e meglio retribuiti probabilmente non sostituiranno quelli persi, quindi senza una riqualificazione e una riqualificazione diffuse, le persone comuni avranno notevoli difficoltà a trovare un nuovo lavoro.
Secondo Zippia, società di consulenza globale questi sono i 12 tipi di lavoro in pericolo:
- Dirigenti del servizio clienti
- Contabilità e data entry
- Receptionist
- Correzione di bozze
- Lavoro manifatturiero e farmaceutico
- Servizi di vendita al dettaglio
- Servizi di corriere
- Medici
- Soldati
- Autisti di taxi e autobus
- Analisti di ricerche di mercato
- Guardie di sicurezza
Poiché la tecnologia riduce il costo di alcune attività, il valore delle attività rimanenti aumenta, in particolare competenze trasversali come creatività, buon senso, capacità di giudizio e comunicazione.
D’altra parte, ecco 12 lavori che l’intelligenza artificiale non è in grado di sostituire:
- Responsabili delle risorse umane
- Scrittori
- Avvocati
- Amministratori Delegati
- Scienziati
- Membri del clero
- Psichiatri
- Organizzatori di eventi
- Grafici
- Responsabili delle pubbliche relazioni
- Sviluppatori di software
- Capi progetto.
La velocità del cambiamento
Quindi la domanda non è più “se” l’Ai cambierà qualcosa, ma “quando” la cambierà.
McKinsey & Co. prevede che il 45 per cento dei posti di lavoro oggi sarà automatizzato e non esisterà in soli 20 anni. Ma abbiamo già visto un simile cambiamento: gli Stati Uniti ad esempio sono passata da una società di agricoltori (84% nel 1810) a solo il 2% di agricoltori oggi). Quindi non è l’entità del cambiamento in arrivo che deve preoccupare, semmai è la velocità del cambiamento che deve interessare.
L’AI e il reddito universale
Uno dei rimedi previsti per ammortizzare i posti di lavoro persi per l’avvento dell’AI potrebbe risiedere nel reddito universale, cioè in una erogazione fissa di denaro da parte degli stati nazionali a compensazione dei redditi persi per l’AI.
Gli economisti parlano da tempo di reddito di base universale (UBI, Universal Basic Income).
L’UBI è una forma di previdenza sociale in cui tutti nel paese ricevono una somma di denaro regolare e incondizionata, indipendentemente dal reddito, dallo stato lavorativo o da altri fattori. L’idea alla base di UBI è fornire uno standard minimo di vita e ridurre la povertà, offrendo allo stesso tempo agli individui maggiore stabilità finanziaria e libertà di perseguire l’istruzione, l’imprenditorialità o altre opportunità.
La tassa sui robot
Come verrebbe finanziato UBI? Sorprendentemente la risposta arriva da Bill Gates, che ha suggerito una tassa sull’intelligenza artificiale e sui robot. Tassare cioè le aziende che utilizzano intelligenza artificiale e robot per sostituire i lavoratori umani. “Una tale tassa potrebbe aiutare a rallentare il ritmo dell’automazione e fornire finanziamenti per programmi di riqualificazione professionale per i lavoratori che perdono il lavoro a causa di queste tecnologie”.
Gates ha anche suggerito che le entrate generate da una tassa sui robot potrebbero essere utilizzate per sostenere programmi di assistenza sociale come il reddito di base universale, che fornirebbe una rete di sicurezza per le persone colpite dalla perdita di posti di lavoro legata all’automazione.
L’IA è già intorno a noi sotto forma di sistemi di controllo del computer di molti tipi, ora si sta rapidamente intensificando con i modelli di linguaggio di grandi dimensioni dell’IA come ChatGPT e accelererà molto rapidamente.
La registrazione degli eventi e delle conversazioni che quotidianamente ognuno di noi ha ogni giorno è uno degli obiettivi a cui stanno lavorando diverse case produttrici di app, al fine di creare degli assistenti intelligenti in grado di farci da segretari.
E qualunque assistente o segretario personale per essere davvero efficiente deve sapere cosa abbiamo fatto, chi abbiamo incontrato e conoscere perfettamente la nostra agenda.
Il futuro dell’Intelligenza Artificiale
Secondo la visione di Andreessen Horowitz (conosciuta come “a16z”), società di venture capital californiana la nuova era dell’AI sarà segnata soprattutto dall’avvento degli assistenti personali.
- Ogni bambino avrà un tutor AI che è infinitamente paziente, infinitamente compassionevole, infinitamente ben informato, infinitamente disponibile. Il tutor AI sarà al fianco di ogni bambino in ogni fase del suo sviluppo, aiutandolo a massimizzare il proprio potenziale con la versione automatica dell’amore infinito.
- Ogni persona avrà un assistente/coach/mentore/formatore/consulente/terapista di intelligenza artificiale che è infinitamente paziente, infinitamente compassionevole, infinitamente ben informato e infinitamente utile. L’assistente AI sarà presente in tutte le opportunità e le sfide della vita, massimizzando i risultati di ogni persona.
- Ogni scienziato avrà un assistente/collaboratore/partner di intelligenza artificiale che amplierà notevolmente il proprio ambito di ricerca e risultati scientifici.
- Ogni artista, ogni ingegnere, ogni uomo d’affari, ogni medico, ogni assistente avrà lo stesso nei loro mondi.
- Ogni leader di persone – amministratore delegato, funzionario governativo, presidente senza scopo di lucro, allenatore atletico, insegnante – avrà lo stesso. Gli effetti di ingrandimento di decisioni migliori da parte dei leader tra le persone che guidano sono enormi, quindi questo aumento dell’intelligenza potrebbe essere il più importante di tutti.
Apocalittici o Integrati nell’AI in conclusione
Chiudiamo questa riflessione sull’AI con una osservazione che ci sembra interessante.
Quello che la rivista Wired ha definito “il burnout dell’hype”.
“Vivere in un’epoca in cui tutto sembra futuro è eccitante è anche estenuante. Dato che ogni nuova grande idea guadagna milioni per il suo sviluppo, è difficile sapere quale ne varrà la pena. A questo punto, l’intelligenza artificiale sembra una scommessa abbastanza sicura. È un genio che non può essere rimesso nella sua bottiglia e sembra essenziale che noi, il “noi” collettivo, lo si sottoponga ad ogni genere di stress-test per i suoi casi d’uso più essenziali.
Ma è comprensibile che ci sia anche chi semplicemente desideri che quel genio esaudisca il desiderio di riportare le cose a un tempo più semplice.